Appuntamento col portatile al teatro Sannazaro
Rendez-vous, l’amore ai tempi della chat
“L’incomunicabilità, l’isolamento! Ma quanne maje! Ce sta San Francesco ca parlava con gli uccelli, i lupi, i cani, i cavalli… E che miseria! Vuo’ vede’ ca chill era capace ‘e parla’ cu gli animali e nuje manco cchiù cristiani e cristiani riuscimm’ a parla'”?
Questo, il pensiero che animava la zia di Gaetano, il protagonista di Ricomincio da tre, il primo lungometraggio di Massimo Troisi.
A 30 anni di distanza, la situazione è definitivamente peggiorata, almeno questa è la visione della compagnia di danza MOTUS e del loro spettacolo Rendez-vous, prodotto con il sostegno del Comune di Siena e della Regione Toscana e rappresentato per la prima volta nel 2010 al Teatro Nazionale di Tuzla, in Bosnia Erzegovina, nell’ambito del Festival Internazionale Kaleidoskop. La compagnia toscana ha portato all’E45 Fringe uno spettacolo impregnato di decadentismo sociale, dell’illusione della vicinanza a portata di click, della cecità della collettività nell’era di Internet.
Rendez-vous è una visione impietosa dell’uomo moderno che, nella sfrenata corsa alla tecnologia, ha smarrito il suo ruolo di fruitore di servizi, ma è divenuto succube degli stessi, siano questi e-mail, fax, telefoni, televisori o ogni altro mezzo elettronico.
Restiamo imbambolati davanti ad uno schermo illudendoci di essere in contatto con il mondo intero, ma quanto più piccolo, reperibile, noto diventa il globo, tanto più irriconoscibile, immensa, sconosciuta diviene la nostra città, il nostro vicino di casa, la nostra stessa famiglia.
La danza e il teatro fotografano questa realtà.
La scena è scarna, sfondo nero, luce bianca soffusa.
Il tutto va ad accentuare la solitudine del ballerino in postazione computer, ma anche quella degli altri danzatori, che si esibiscono quasi sempre in danze isolate, quasi a volersi rubare la scena: non quella del palcoscenico, bensì quella della “chat”.
Grazie alla loro bravura, i protagonisti sembrano trasformarsi nei vari sentimenti, nelle tante emozioni, nei troppi stereotipati atteggiamenti che accompagnano una discussione al computer, una telefonata, una qualsivoglia discussione a distanza.
Non è facile mostrare in danza, ma le registe Rosanna e Simona Cieri (quest’ultima anche ballerina), ci riescono ottimamente. A tal proposito, sottolineiamo la quanto mai diretta scena di un Personal Computer che divora l’utente e il sublime passaggio dell’“incontro al buio” con un fiore all’occhiello come segno di riconoscimento, che trasforma il palcoscenico in un prato fiorito, con fiori mai uguali a sé stessi e con l’uomo che in questo modo è destinato a non incontrare mai la sua metà, in una sorta di moderno e virtuale Simposio di Platone.
Marco Crisci