Ad Alto Fest il “Maldoriente” raccontato da Serena Gatti
“La strada cambia, come quando torni a casa e trovi che la casa non c’è più”.
È la vita quotidiana di Suad Amiry, architetto palestinese e scrittrice, cui la regista e performer pisana, Serena Gatti (fondatrice nel 2005 di Azul Teatro), ha preso ispirazione per questa preziosa pièce.
Vivere, amare, sposarsi, lavorare. In Palestina. Nonostante la “democratica presenza israeliana”.
Echi e profumi di una terra sotto assedio, nelle parole di Suad; la difficoltà di veder riconosciuta la propria identità ed i propri diritti.
“Non c’è niente di più frustrante ed umiliante che parlare con un soldato israeliano. Perché discutere, se hanno già deciso” – recita la protagonista, nel duro testo della Gatti.
Sette anni alla conquista di un documento, un obbiettivo che vale l’appartenenza ad una terra e ad un popolo.
L’azione scenica è fluida, con un alternarsi di musiche e danza, sul terrazzo di un palazzo storico nel ventre di Napoli, in via Mezzocannone; lo spettatore è rapito, l’atmosfera coinvolge, ci si sente partecipi.
Serena Gatti, brillante interprete ed autrice di questo testo intenso, ci accompagna nel quotidiano viaggio/peregrinaggio, di una donna palestinese appassionata, innamorata del suo uomo e del suo Paese.
Suad viaggia alla volta dell’Università di Edimburgo, per lavorare alla tesi di dottorato, ma al ritorno dovrà affrontare una scelta difficile e lacerante: l’espulsione o la firma, sulla dichiarazione anti O.L.P.
Sarà un momento terribile, che affronterà con un profondo senso di umiliazione e tormento.
Non mancano gli interrogativi, nascosti nelle battute, nei movimenti dell’attrice.
Perché devo sentirmi illegale?
Perché mi è negato ogni diritto, nonostante la risoluzione 194 del 1948 delle Nazioni Unite?
È poi, nella conversazione telefonica di Suad con il Presidente degli Stati Uniti, Bush senior, che la pièce assume un tono tragicomico: “Se volete far parte di una società libera e democratica, come la nostra, dovete essere trasparenti! – sbotta il Capo di Stato – Trasparenti… per la fame?” – risponde secca, Suad.
Maldoriente è un pugno nello stomaco.
Niente sangue, niente urla.
La crudeltà è tutta nella realtà, nella vita quotidiana, nei gesti, nelle speranze, nella paura, nella rabbia di una donna, simbolo di un popolo che non chiede altro, se non di vivere; che piange i suoi diritti calpestati.
Lo scontro con Israele è guerra con un’autorità che preme contro una collettività sfinita, che desidera pace, ha fame, minandone l’autocontrollo, provocando, spingendo sui nervi.
«Sono molto legata, alla Palestina. In questa opera, ho semplicemente voluto rappresentare i pensieri e le idee di una donna che avverte forte nelle vene, la sua “clandestinità” in patria: Suad Amiry racconta ciò che non è semplicemente o banalmente verosimile, ma vero; sono tanti, i palestinesi che ho conosciuto, anche direttamente, sul posto», ci racconta Serena Gatti, al termine della straordinaria interpretazione.
Ecco perché il messaggio che arriva dritto alle orecchie di chi ascolta questo testo e ne segue la versione scenica, è chiaro e semplice, perché tocca le corde della verità.
Nessuno spazio per l’invenzione. Realismo puro.
Sensazioni ed emozioni che riconosci, perché universali.
La mortificazione subita dai palestinesi riuniti in quella che si rivelerà ben presto una “sceneggiata” (riferendoci alla descrizione della cerimonia di consegna dei documenti d’identità), alla presenza del Governatore militare israeliano (il Capitano Amir) e del sindaco di Ramallah, palestinese, di nomina israeliana, è il fulcro dell’azione scenica.
Una pantomima, degna dei tempi che furono e che l’Europa tutta conosce bene.
Tv e stampa che documentano le carezze del Capitano sul capo dei piccoli intervenuti, discorsi e promesse fatte a favore di telecamere, stretti nelle alte uniformi.
Ma dopo i lustrini, a far le spese di quel sistema, saranno gli stessi palestinesi in attesa di identità.
Ore di fila al quartier generale, frustrazione, prese in giro.
Amarezza, ironìa, denuncia. Ma anche forza, resistenza, riscatto.
Questo, è Maldoriente.
“Resteremo qua venti volte. All’infinito”. Così, Suad/Serena.
E si apre, il sipario: sotto un cielo notturno che pare affacciarsi benevolo sulla nostra Napoli, come vorremmo sulla nostra Ramallah.
Eliana Iuorio