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Nella frescura dell’Orto Botanico, Cossia condivide i dubbi di un padre sul mondo

Una splendida serata all’insegna di vero teatro ha conquistato il pubblico dell’Orto Botanico per la terza proposta della rassegna “Brividi d’estate”. Lo spettacolo Il signor Malaussène, tratto dal celebre ciclo di romanzi di Daniel Pennac, ha visto Antonello Cossia in pantaloni neri e bretelle rosse, calarsi perfettamente nei panni di Benjamin Malaussène.

Come la moglie in dolce attesa, anche l’uomo ha quasi la sensazione di “essere incinta”, e il bisogno di parlare al futuro nascituro e raccontargli tutto ciò che l’attende, diventa spunto di grandi riflessioni.
Rivolto ad un palloncino rosso, figurazione del grembo materno, il protagonista del monologo si pone vari interrogativi sulla vita, riflettendo in primis, sulla figura del padre.

Il riepilogo che raccoglie tutte le manie e le stranezze dei familiari, lo conduce alla cruda affermazione: «è inutile che ti racconti palle, figlio mio, la verità è che la tua famiglia fa un tutt’uno con la tragedia». In questo modo il lungo discorso di Benjamin si fa sempre più drammatico, fino al punto di chiedersi se sia giusto concepire dei figli nel mondo in cui siamo. È proprio questo il dubbio che, tra gli altri, attanaglia la mente del protagonista, quasi a voler consigliare al figlio di non nascere, in modo da sottrarsi alla fatica vana e al rischio dell’essere uomini.
Le descrizioni fantasiose e i sottili soliloqui trasportano gli spettatori in un’altra dimensione, nella filosofia del “mondo secondo Malaussene” – ampiamente condivisibile, come pure il pubblico ha dimostrato.

La messinscena è frutto del connubio fra la scrittura metaforica e l’immaginazione travolgente di Pennac, unita all’elegante talento e allo studio sul movimento di Antonello Cossia. Per la scrittura scenica è doveroso ricordare Annamaria Russo, che ha contributo alla nascita di questo piccolo capolavoro.
Il pubblico, emozionato e divertito, ha raccolto così i messaggi disseminati da Malaussène intorno alla vita, all’avvenire e alla nostra umanità. Applausi per uno spettacolo da vedere e rivedere.

Giulia Esposito

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