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Gentile direttore,
nulla di personale, al punto di non nominarla, perché lei non è un privato cittadino, ma un uomo pubblico, per cui rende conto del suo operato non in quanto “artista”, “produttore” o “amministratore” di beni privati, ma in quanto direttore di Istituzioni che manovrano il danaro dei contribuenti tutti, il danaro destinato al benessere e alla crescita culturale ed economica di questa città. Ho letto in questi giorni che lei si sentirebbe attaccato da alcuni “artigiani” teatrali di questa città, preferisco “artigiani” ad artisti, qualifica troppo impegnativa per me e non sa spiegarsi il perché. Andiamo per ordine.
Che lei sia un uomo di potere, imposto dal potere, non ci piove, lo dimostrano le tecniche utilizzate per il suo insediamento, nell’ambito del regolamento dei conti che ha “insanguinato” la cultura e la creatività di questa città, da un anno a questa parte, con chiusure di teatri popolari, circuiti di ricerca, rassegne teatrali, musei, biblioteche e via discorrendo, nel clima di demolizione culturale ed etico, che il suo potere di riferimento, pratica da oltre 20 anni in questo Paese. Come uomo di potere, lei adopera le identiche strategie e non potrebbe fare altrimenti, visto che ne è totalmente organico.
Lei chiama attacchi, le reazioni ad una continua serie di provocazioni sul piano politico ed economico, che ostentano un’assoluta indifferenza dell’emergenza culturale e teatrale in cui versano i lavoratori dell’intero settore. Quasi mi viene il sospetto che, dietro questa sorta di sadomasochismo maniacale, ostentato su tutti i giornali, si nasconda la strategia più volte adoperata dal suo premier di riferimento: “non importa come, purché si parli solo di me”. Una sorta di “cattiva” pubblicità sensazionalistica, operata per pubblicizzare l’ultimo suo prodotto, realizzato, uscendo dal suo ruolo di funzionario ed entrando in quello di “artista” di potere.
Lei è, lo voglia o no, il tipico rappresentante della cattive pratiche di quel burocratese teatrale, che ha deciso di affossare il senso stesso della pratica culturale in questo Paese, uniformandola ad un pensiero unico volgare e oligarchico, per cui, le lotte, non si illuda, non sono fatte alla sua persona, sarebbe come sparare sulla ex Croce Rossa, visto il palese conflitto di interessi, gli incomprensibili privilegi e il conformismo intellettuale, che lei stesso si attribuisce, ad ogni sua sortita sui giornali.
E’ in perfetto stile liberista accaparrare tutto il possibile, ma mi chiedo, da “umano” ad “androide”, come faccia a organizzare tre stagioni teatrali, provare spettacoli, fare regie, amministrare bene, confrontarsi con le Istituzioni a cui ha l’obbligo di rapportarsi e “contemporaneamente” girare per il mondo, per monitorare e costruire un Festival Internazionale. Nel momento in cui ci fosse bisogno di lei come “direttore” responsabile del Festival e lei fosse impegnato nelle prove di uno dei suoi tanti spettacoli, come risolverebbe il problema?
E poi, andiamo, come democratico e uomo di cultura, le pare deontologicamente corretto:
Ostentare tanta ricchezza, impiegare tante risorse economiche pubbliche per un suo “sfizio”, che sarebbe legittimo se lei fosse un privato e farlo proprio in un momento, in cui dovrebbe gravare su lei il peso morale, almeno come dirigente, del mancato pagamento di centinaia di lavoratori ed imprese dello spettacolo, dipendenti dal Festival in cui lei opera ai massimi vertici. Le pare corretto, sospendere le riduzioni sul costo del biglietto, esclusivamente per il suo spettacolo, perché, sempre secondo quanto afferma lei, mette in tasca il 35% degli incassi? Le pare corretto, continuare a parlare di responsabilità dei suoi predecessori, di aver dimezzato le spese e riqualificato un Festival, senza portare prove di quanto afferma?
Allora signor pluridirettore, come cittadino, non come teatrante, le chiedo:
– un confronto pubblico sul Festival, con i suoi predecessori;
– qual è la differenza tra il suo concetto di pubblico, cioè appartenente alla comunità e di privato, cioè appartenente al singolo?
– qual è il progetto culturale “pubblico” e in cosa si differenzia da quello di un qualsiasi privato, che ispira la programmazione delle tre Sale Pubbliche da lei dirette, il Teatro Stabile Mercadante, il San Ferdinando e il Ridotto?
– qual è il suo rapporto con il resto della città creativa, quali le iniziative per differenziare la proposta culturale della struttura pubblica che dirige?
– cosa intende per riqualificazione di un Festival e perché prima di lei era squalificato?
– qual è la sua politica pubblica dei prezzi, visto che lei ha affermato, genericamente, che “bisogna tornare a pagare il biglietto”?
– che significa tornare a fare il teatro per la borghesia, affermazione pericolosa, se fatta dal dirigente di un Teatro a funzione Pubblica, cioè un teatro per tutti e non appannaggio di una sola “classe” sociale, se pure fosse possibile, oggi, tale distinzione;
– qual è la differenza, o confusione, tra teatro borghese e teatro per la borghesia e in che modo, tale “genere” sarebbe in conflitto con altri generi o altre modalità del fare teatro?
– perché lei afferma “che è necessario spendere tanti soldi per fare, ogni tanto, uno spettacolo importante” “per vincere lo “scudetto”, sono sue affermazioni pubbliche, assimilando un arte rituale e immaginifica come il teatro, alle logiche speculative del mercato calcistico?
Mi fermo qui sul piano politico e passo al tu, Luca, stavolta nominandoti, per dirti qualcosa da collega, per ribadirti che non ho nulla contro di te sul piano personale e che, hai ragione, quando dici che non sei diverso dai Lavia o dagli Albertazzi di questo Paese, ma vorrei, amichevolmente, ricordarti che fai male a vantartene, che i tempi sono cambiati, che siamo alla vigilia di un crack economico epocale, che ci sono state delle vicende tragiche in questo Paese e che un notevole numero di persone non ha più nessun futuro economico, perciò, se uno ha la fortuna di essere un “unto” dal signore, almeno dovrebbe avere pudore e rispettare il lavoro e le difficoltà degli altri.

Carlo Cerciello

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