Angelo ‘O Capitano, l’ultimo Pazzariello
Intervistiamo Angelo Picone, detto ‘O Capitano, fondatore insieme a Bruno Leone del Teatro Stabile di Strada ai Banchi Nuovi. Dopo i violenti fatti avvenuti, nei confronti degli artisti di strada napoletani e non, durante la rassegna “Ramblas”, chiediamo ad uno storico artista di strada della nostra città di raccontarsi, di illustrarci progetti e speranze di una categoria che chiede rispetto.
Lei è da considerarsi un decano dell’arte di strada a Napoli, questa città che tradizione ha rispetto a quest’arte?
Una tradizione millenaria che risale all’alba della nostra civiltà. Nell’antica Grecia il teatro era un fenomeno diffuso, oggi si direbbe popolare e visto che sono stati i nostri fondatori, non è difficile pensare ad una Palepoli e poi ad una Neapolis con aedi, cantastorie e joculatores che si esibivano lungo i decumani. Una lunga storia per arrivare a tempi più recenti, dove guarrettellari (burattinai), pupari (marionettisti), cantastorie e posteggiatori (musicanti girovaghi), avevano i loro luoghi preferiti e congeniali per intrattenere il loro pubblico di “appassionati”, in giro per la città. D’altra parte Napoli è la Città Teatrale per antonomasia. La sua gente, i suoi mercati, i suoi costumi, le sue voci, la stessa sua parlata “musicale”, costituivano un insieme, spontaneo e viscerale, che certamente ha un filo diretto con quello che oggi viene definito teatro in senso ampio. Tutto sommato il teatro vivo, quello fatto dalla gente comune, involontariamente ma talvolta anche in modo consapevole, viene “recitato” tutti i giorni, nei vicoli e nei quartieri, che ancora conservano la loro identità popolare. Il teatro di strada a Napoli è sempre esistito e per sempre ci sarà.
Alla luce delle aggressioni alla giovane Marie Therese e a Banda Baleno, lei cosa si sente di aggiungere, parliamo di caso o atteggiamento nei confronti della categoria?
Le aggressioni ultime verificatesi nelle “Ramblas”, sono un fatto molto grave ma purtroppo non isolato. Generalmente le diatribe si fermano ad un livello verbale, è difficile che si arrivi alle mani ma solo perché è l’artista che, consapevole della sua posizione “illegale”, preferisce subire ed incassare, piuttosto che reagire alle tante minacce, provocazioni e divieti, che in continuazione gli vengono imposti da commercianti, cittadini ignoranti e tutori dell’ordine fin troppo zelanti. La questione è proprio questa. La nostra categoria continua a non avere nessunissima tutela, in primo luogo dalle istituzioni e proprio da loro dovrebbe partire quell’esempio di rispetto e valore, verso una categoria come la nostra, per sua stessa natura già esposta a tanti rischi e a tanta precarietà, che con tanta difficoltà svolge un lavoro prezioso che può e deve diventare ed essere un valore aggiunto, alle tante capacità ed attrattive turistiche che la città possiede. Il Comune in primis, deve riconoscerci, valorizzarci e tutelarci, dandoci la possibilità di far al meglio il nostro lavoro. Qualcosa di buono, in questo senso, si vide solo nel lontano 1994, quando l’allora assessore alla cultura Renato Nicolini, della prima giunta Bassolino, sull’onda del così detto Rinascimento Napoletano, riconoscendo il prezioso lavoro che stavamo svolgendo, ci convocò a palazzo San Giacomo e ci consegnò un diploma di merito. Un atto simbolico che tale è rimasto e dopo di questo nient’altro. Proprio il resto di niente. Circa due anni fa entrammo, per nostra caparbietà, in contatto con Nicola Oddati, l’ex assessore alla cultura del Comune di Napoli. Ci volle incontrare e si mostrò molto disponibile verso le nostre istanze. Fondammo un Forum degli artisti “alla Napoletana”, intendendo con tale definizione una sorta di vera e propria scuola con una propria identità precisa, di appartenenza e stile. Ci siamo incontrati e confrontati con l’intento di collaborare tra noi e con le istituzioni, per sancire una svolta epocale per la nostra categoria. Purtroppo o per poco tempo o per chissà quali altri motivi, le proposte di regolamento e quindi di riconoscimento della nostra categoria, la sua valorizzazione, tutti i nostri progetti e proposte, personalmente redatti e protocollati dal sottoscritto, sono rimasti “agli atti” di una politica distratta se non assente e nel registro delle buone intenzioni. Niente di più.
Rispetto ai teatranti classici, spesso per gli artisti di strada non ci sono accordi contrattuali o garanzie lavorative da parte delle amministrazioni, cosa vuole aggiungere rispetto a ciò?
Sotto questo aspetto si sono fatti dei passi avanti. Gli artisti di strada, oggi, possono stipulare contratti, rilasciare fatture, farsi un’assicurazione e addirittura versarsi i contributi per la pensione. Tutto questo perché dalla seconda metà degli anni novanta, sull’onda di un movimento nato intorno al Festival di Certaldo (FI), dal quale è nata la F.N.A.S. (Federazione degli Artisti di Strada) si sono intraprese battaglie politiche che hanno dato i loro frutti. In un certo senso è nato un vero e proprio professionismo e si è creato un circuito che conta e che gira nella rete di importanti festival del settore. Questo però per il giro che conta. Purtroppo al Sud lavoriamo, per ovvi problemi economici, nei margini di un precario “lavoro nero”, che non ci garantisce nessun diritto. Tanti comuni, dietro questa spinta politica e culturale si sono dotati di regolamenti e leggi consone, tutelando in un certo senso anche i “cani sciolti”, cioè gli artisti di strada “a cappello”, ossia la costola più autentica e poetica della categoria, dandogli la possibilità, in una rete di regole e norme, più o meno larga, di esercitare liberamente la loro arte in cambio di offerte “libere e spontanee”. Anche sotto questo aspetto, esistono purtroppo due Italie, una sopra e l’altra sotto il confine naturale del Garigliano. Infatti ancora una volta il Sud, mostra i sui limiti di inadeguata arretratezza. Se si guarda la mappa dei festival del settore, il quadro è, per noi, desolante. Alcune regioni, come la Puglia e il Piemonte, hanno dichiarato libero il loro territorio a questa arte e non solo. In particolare il Piemonte è all’avanguardia in questo senso, promuovendo, finanziando e sostenendo comuni, enti, associazioni, artisti singoli e compagnie, anche con bandi, concorsi e borse di studio, tesi a sostenere e diffondere, nuove produzioni e giovani emergenti e la creazione di nuovi festival ed appuntamenti, arrivando ad avere sul suo territorio la considerevole cifra di oltre 100 Festival. Ciò significa una seria e concreta possibilità lavorativa per tutti gli addetti ai lavori. È un esempio da seguire!
Ci racconta la figura del pazzariello?
Il Pazzariello era la forma di pubblicità più diffusa nella nostra città e non solo. Ogni paese e città aveva i suoi banditori, che andavano in giro per le strade a fare la reclame per l’apertura di un nuovo negozio o per il lancio di un nuovo prodotto. I committenti più frequenti, per tali figure erano soprattutto enoteche e macellerie. Forse perché erano gli esercizi che più se lo potevano permettere. Nel caso delle cantine, poi, si è arrivati ad una vera e propria specializzazione, con il “banditore di Vino nuovo”. Un Pazzariello che andava in giro con brocche e caraffe, facendo assaggiare i nuovi arrivi del prezioso nettare degli dei. Agivano solitamente da soli ma spesso anche con un’orchestrina, nel caso più generoso costituita da tre elementi: rullante, grancassa ed ottavino o piffero. In altri casi meno remunerati, con il solo accompagnamento di percussioni (“‘a musica giappunesa”). Il richiamo dell’attenzione era il primo passaggio di una performance che prevedeva, una volta ottenuta questa, la vera e propria “sparata”, come si dice in gergo. Ovvero una declamazione di versi in rima appositamente composti per l’occasione. La raccolta delle offerte andava ad integrare il “minimo salariale” corrisposto dai committenti. Questa figura è andata verso il suo declino lentamente a partire dal secondo dopoguerra, con il graduale avanzare del fenomeno radiofonico e televisivo, fino ad arrivare alla sua completa sparizione negli anni settanta. Dopo di che è sopravvissuto solo come elemento di folclore, in rappresentazioni a puro carattere teatrale o carnevalesco. Io e i miei amici artisti, con i quali collaboro da anni (Gianluca Fusco, Violetta della Rocca, Tommaso Adorni…), abbiamo riproposto questa figura del teatro popolare napoletano per vari motivi sostanziali. Il primo, proprio perché la riproposta di archetipi del teatro popolare napoletano è il fulcro della nostra ricerca. Non a caso interpreto, in modo del tutto originale, antiaccademico ed innovativo, Pulcinella da quasi vent’anni. Suoniamo e cantiamo, sempre con sostanziale e personale interpretazione, canti a distesa e sul tamburo, avendo fatto tesoro di un’esperienza sul campo, presso i luoghi e la gente che hanno conservato queste tradizioni. Un altro motivo, non trascurabile, per il quale ci è venuto in mente una simile riproposta, è stato che dall’ottobre del 2010, abbiamo stabilito la nostra casa-laboratorio proprio in vico Pazzariello 11, nei pressi di Santa Chiara, nel cuore di Napoli. Un omaggio dovuto al “genius loci”, per attirarci la sua benevolenza carismatica per la nostra attività. Con il nostro carattere anti-folcloristico abbiamo messo la nostra nuova produzione al servizio di commercianti del quartiere ma anche a committenti insoliti, come uno studio di architetti rinomati e ad organizzazioni di eventi e festival che necessitavano di un’originale proposta pubblicitaria. D’altra parte tutto è stato inventato e gli antichi ci hanno rubato le idee migliori, così come diceva un famoso scrittore.
Angelo ‘O Capitano progetti per il futuro?
Per il futuro, come sempre, siamo ottimisti e fiduciosi. Anche se stiamo attraversando questa grave crisi, che ci vede particolarmente colpiti, come lavoratori dell’effimero, ci stiamo dando da fare non poco per creare nuovi sbocchi lavorativi, alla nostra attività. Abbiamo creato il primo Teatro Stabile di Strada della città di Napoli, in Largo Banchi Nuovi. Quella piazza affascinante nella sua decadenza che per la sua peculiare formazione si presta ottimamente al nostro genere di spettacolo che si trova lungo quel cardine che si sviluppa a sud del decumano inferiore e che meriterebbe una valorizzazione strategica ed appropriata per la sua ricchezza architettonica e le sue potenzialità turistiche. Infatti, il punto fondamentale di tutta la questione è proprio questo. Il turismo. L’unica attività che può salvare la città e i suoi abitanti. Collaboriamo a stretto contatto con le tante realtà del quartiere, per il rilancio della zona e nelle nostre intenzioni si cristallizza sempre di più il sogno di vedere sorgere in Santa Chiara-Banchi Nuovi un vero e proprio quartiere d’arte e di artisti. Un lungo percorso che passa attraverso la graduale e sostanziale pedonalizzazione della zona, il coinvolgimento di artigiani ed attività commerciali, sinergia con le varie associazioni e comitati e non ultima una continua e reale collaborazione con la municipalità. Le famose istituzioni che spesso e talvolta a giusta ragione vengono accusate di negligenza e disattenzione ma che stimolate nel modo giusto possono produrre quello sforzo necessario per il raggiungimento del bene comune. A tal proposito c’è da segnalare come la passata presidenza di Alberto Patruno abbia portato al nostro progetto, non solo un’assistenza concreta con la fornitura di sedie per il nostro teatro e l’intermediazione con l’Assessorato al Turismo per un piccolo contributo di duemila euro, ma soprattutto con la simbolica e civile approvazione in consiglio municipale di una vera e propria delibera che sancisce ufficialmente in largo Banchi Nuovi il Teatro Stabile di Strada. Segno che quando le cose si vogliono muovere e si agisce con la giusta determinazione, ci si auspica il favore delle persone e delle forze positive. Anche il nuovo presidente della municipalità, Francesco Chirico, si è mostrato da subito sensibile alle nostre attività ed aspettiamo che si consolidi il suo insediamento per poter cominciare a lavorare insieme. Insomma, c’è tanto da fare, noi abbiamo forza e fiducia e speriamo in un vento favorevole per tutta la città.
Cosa chiedono gli artisti di strada?
Gli artisti di strada chiedono semplicemente più riguardo ed attenzione dalle istituzioni. Sono loro che devono dare l’esempio, riconoscendo la nostra categoria come patrimonio culturale ed artistico della città. Così cambierà anche l’atteggiamento di quei cittadini, commercianti e tutori della legge che nella loro ignoranza ancora ci confondono con accattoni e mendicanti e che stupidamente ci ostacolano nell’esercizio del nostro lavoro. Le istituzioni ci devono convocare ad un tavolo e confrontarsi con noi, non con altri esperti e sapientoni che non conoscono la nostra realtà, per l’istituzione di un regolamento, aperto e cosmopolita, culturalmente all’avanguardia, che regoli, tuteli e valorizzi la nostra attività, facendola emergere da quel precariato culturale e sociale in cui da sempre siamo stati condannati, solo perché portatori ed esempio di valori come la libertà d’espressione e di vita, di gente che con umiltà si pone in basso o al di fuori di quella società che ci vuole tutti sudditi, stupidi ed omologati. Viva l’arte e gli artisti che sulla strada vanno…
Rosario Esposito La Rossa