Clitennestra, tra odio e amore
Ritratto del mito Clitennestra attraverso le parole di Marguerite Yourcenar.
«Ora vi spiegherò tutto, Signori della Corte… Ho ucciso quell’uomo con un coltello, in una vasca da bagno, con l’aiuto di quel poveraccio del mio amante che non riusciva nemmeno a tenergli fermi i piedi… Conoscete la mia storia: non c’è uno fra voi che non l’abbia ripetuta almeno venti volte alla fine di qualche lungo pranzo, e non c’è una fra le vostre donne che per una notte non abbia sognato di essere Clitennestra»…
Tratto dal monologo di Marguerite Yourcenar pubblicato nella raccolta “Fuochi”, Clitennestra studio 1, diretto da Ciro Sabatino per la rassegna AggregAzioni ed interpretato dall’intensa Rosalba Di Girolamo, è, come recita lo stesso titolo, uno studio in itinere sulla figura di Clitennestra che rievoca l’omicidio del marito Agamennone, invano amato e atteso per lunghissimo tempo e per questo odiato da desiderarne la morte. Dinanzi ad un tribunale pronto a giudicarla e condannarla, la donna, con impeto e passione, celebra la sua autodifesa motivando il suo gesto, misero ma necessario. Un demone vendicatore si è impossessato di lei, dei suoi pensieri, della sua mano lasciando che fosse la follia di un amore non corrisposto a guidarla. Ciò nonostante la passione ancora viva, insieme ai profondi sensi di colpa e ai rimorsi continuano a perseguitarla, ad abitare le sue notti rendendola ancora una volta schiava del suo sposo-padrone. Di quel sentimento amoroso che è abnegazione, annullamento di sé e a causa del quale l’espiazione diventa eterna, così come la mancanza di pace per la propria anima afflitta e tormentata.
Modernissimo ed attuale nel suo intento di scavare nel significato profondo che ogni crimine dettato dall’amore può assumere, e per il quale diventa difficile ed incerto distinguere con nettezza tra colpevolezza ed innocenza, lo spettacolo, nella sua elaborazione del mito, si avvale oltre che della protagonista, anche di due altre figure, incisive e significanti, nonostante sia il silenzio a distinguerle ed il solo corpo che si muove a parlare per loro: si tratta di Marco Palombo e Ramona Tripodi, nel ruolo, rispettivamente, di Oreste ed Elettra, i figli di Clitennestra, ma anche dei suoi pensieri, dei suoi incubi. La potenza evocativa del suono, invece, è affidata alle percussioni di Carlo Lomanto. Una nota di merito ai costumi, in particolare l’abito di Clitennestra che ne esalta la figura nella sua alterità, e al luogo, lo spazio antistante il Castelletto del Real Orto Botanico, palcoscenico naturale e suggestivo, di cui gli spettatori ne possono, così, godere la bellezza ed il fascino.
Ileana Bonadies