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Il regista napoletano Mario Gelardi fa il punto della situazione della cultura napoletana. Approfondimenti e analisi sulle varie manifestazioni in città e sui protagonisti istituzionali, da Caldoro a Miraglia, passando per il neoeletto De Magistris.

Caro Gelardi, cosa pensa accadrà nella politica teatrale istituzionale ed in particolare per il teatro nella nostra regione e nella nostra città?

Leggevo alcune dichiarazioni della Ass. Miraglia, il 27 scade il suo mandato al teatro Festival, Caldoro in merito dice, “ma non abbiamo ancora deciso se rinnovarlo o meno”, voglio ricordare che la Miraglia è presente nei consigli di amministrazione del Forum delle culture, della Fondazione del Teatro Festival e del museo Madre. Fatto decisamente unico nel panorama politico italiano, lei d’altra parte afferma,  “sono pronta ad andare via”.
Bene direi io, accontentiamola, poi aggiunge, “ma non scappo dinanzi ai problemi” e qui sta la fregatura, se non scappa è possibile che resti dunque.
Ancora Caldoro aggiunge: “quegli incarichi la Miraglia li ha ricoperti a titolo gratuito. Non ci ha guadagnato nulla”. E c’è bisogno anche di dirlo? È un’Assessore, credo che sarebbe anche illegale se fosse remunerata.
La concentrazione di potere nelle mani di un solo assessore Caldoro la spiega così: “il sistema culturale, qui, era troppo frammentato e costoso. Dovevamo razionalizzare. E nella fase di riordino non è stato certo negativo affidare alla Miraglia incarichi delicati”.
Interessante, davvero, davvero sto sistema culturale napoletano era frammentato? A me sembra che il potere sia girato in un ambito molto ristretto, se l’amministrazione della politica culturale fosse stata affidata a più voci il vantaggio sarebbe stato notevole. Più voci assicurano una multiculturalità che serve solo a far crescere, pubblico ed artisti.
Al liceo artistico si cambiavano ogni anno gli insegnati di disegno, la prassi voleva che in questo modo l’allievo non assumesse lo stile di un unico professore, ma che fosse in grado poi di scegliere il proprio.

Signor Gelardi, cosa pensa invece delle dichiarazioni del sindaco De Magistris sulla cultura?

Sono parimenti preoccupato, il sindaco dice: “cultura e turismo sono i due elementi su cui puntare per rilanciare Napoli. Ma la nostra filosofia culturale è diversa dal passato. Innanzitutto la cultura deve essere ordinarietà. I grandi eventi vanno anche bene, ma ci interessa di più l’ordinarietà della progettualità culturale. Stiamo investendo in risorse umane e idee, senza spendere molti soldi. Basta con i megaconcerti come quello di Elton John. Eppure non voglio dire che non si farà nulla: per l’estate a Napoli il programma prevede eventi ogni sera fino a metà settembre al Maschio Angioino. E soprattutto bisogna rendere i quartieri vivi”.
Sì è vero, il teatro si può fare anche senza soldi, ma esiste anche la dignità del proprio lavoro. I soldi servono anche per gli allestimenti, per dare un valore altamente professionale al proprio lavoro, la frammentarietà come unica filosofia, rischia di rendere Napoli una città molto provinciale. Accontentare tutti perché non ci sono soldi, significa rinunciare al merito.
Scegliere è sempre un rischio, ci espone a critiche continue, ma è una responsabilità che secondo me bisogna prendersi.
È chiaro, le mie sono solo perplessità, magari mi sbaglio, anzi certamente mi sbaglio, c’è quel proverbio che dice “senza soldi non si cantano messe”.
Ma il dubbio che davvero mi assale è questo: ora che non ci sono i soldi si aprono gli spazi, si offre la partecipazione a compagnie giovani, ma quando invece i soldi arriveranno, si avrà la stessa attenzione per questi artisti, o si tornerà a privilegiare nomi e protetti a cui prima o poi bisognerà dar conto?
Mi rendo conto che la mia è una domanda speciosa e che può apparire in malafede.
Chiedo scusa.

Rosario Esposito La Rossa

 

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