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Stagione coraggiosa, virata impegnativa, politicamente controtendenza…

 

Il regista Carlo Cerciello interviene a proposito dell’innovativa stagione teatrale 2011/12 del teatro Bellini.

 

Credo che, come me, chiunque abbia letto il cartellone della prossima stagione del Teatro Bellini, si sia stropicciato gli occhi in un sommesso “sogno o son desto”.
E sì perché, mai ci saremmo aspettati un’impostazione tanto sperimentale  e coraggiosa  nel teatro di Tato Russo, che per la verità, come uomo di spettacolo, pure, spesso, aveva provocato e disorientato il pubblico “mortale” (cit. Peter Brook) frequentatore del suo teatro, ma mai era accaduto che ci fosse uno svecchiamento progettuale complessivo, sostanziato politicamente e culturalmente, meno incline all’evento ruffiano strettamente commerciale, come, invece, è accaduto per questa stagione 2011-2012.
E’ impazzito, dunque, Tato? No. Tato-Lear, ha semplicemente affidato la programmazione ai suoi tre metaforici “spermatozoi”  teatrali, i figli Daniele, Gabriele e Roberta Russo  e lo si evince provocatoriamente dall’immagine, che campeggia sui cartelloni di tutta la città.
Una eredità ben difficile da amministrare, soprattutto in un momento in cui, la concorrenza spietata oligarchico giurassica del Teatro Mercadante di Napoli, ai teatri cosiddetti di “tradizione”  privati, è altissima e la cosiddetta borghesia napoletana, come si sa, fin dal tempo del “fuitevenne”  edoardiano, è poco incline alle sfide culturali, all’impegno, al rischio, e andare a teatro per certi borghesi benestanti, che tanto piacciono al direttore De Fusco, sopratutto quando assapora il 35% degli incassi  che intascherà a danno delle categorie meno abbienti, significa ancora, rifarsi una risata “rifatta”,  una pizza  nel dopocena, dove potranno sentirsi meno ignoranti,  parlando sempre degli stessi attori, delle stesse opere, degli stessi autori.
C’è modo di scuotere l’endemica vigliaccheria culturale  di certa cosiddetta “borghesia napoletana”?
I figli di Tato ci provano coraggiosamente, rischiando, proponendo autentici extraterrestri  al pubblico degli abbonati  del Bellini, come Timi, Ascanio Celestini, Erri De Luca, autori come Eric-Emmanuel Schmitt, Bertolt Brecht, affrontando i temi impegnativi e scottanti della corruzione, del disagio, pensieri politicamente non allineati e scomodi, insomma, facendo quello che ci saremmo attesi doverosamente  e statutariamente  dallo Stabile Pubblico Mercadante, dedito ai soliti interessi scambisti, privo di un progetto culturale complessivo  e lungimirante  in rapporto con la città, in proiezione di una crescita culturale complessiva  ed europea, e, piuttosto, orientato verso un ritorno giurassico  ad una cultura omologata, anacronistica, provinciale, una revanche sistemica nostalgica e filogovernativa, culturalmente antidemocratica  e antipopolare, tendente alla formazione di un teatro oligarchico, che faccia fuori tutto il resto, una sorta di asso pigliatutto, specchio e longa manus del nanismo intellettuale italiano.

Carlo Cerciello

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