Il Teatro Nuovo ricorda Annibale Ruccello
Presente e passato si confrontano ricordando il grande artista.
In occasione dell’apertura della nuova stagione teatrale del Teatro Nuovo, la Sala Assoli ha ospitato due capisaldi del nostro teatro, il giornalista Enrico Fiore e l’attore-drammaturgo Enzo Moscato, che si sono confrontati in un’interessante “conversazione” sul grande attore, autore e regista Annibale Ruccello e sulla nuova generazione di autori. La nuova stagione, infatti, sarà in parte dedicata a Ruccello in quanto saranno prodotte le due opere Anna Cappelli e Le cinque rose di Jennifer e saranno ospitati spettacoli a lui dedicati come Compleanno, Da questo tempo e da questo luogo e Quattro mamme scelte a caso.
Il Teatro Nuovo risulta essere il luogo più adatto per parlare di Ruccello proprio perché ha rappresentato per anni la sua “casa artistica”, in particolare quando, trovandosi la sua cooperativa “Il Carro” impossibilitata a decollare ed ottenere sovvenzioni per andare avanti, si optò per la fusione proprio con il Nuovo allo scopo di dar vita ad un Centro di produzione napoletano. Negli anni Ottanta, in un momento molto florido per la produzione teatrale napoletana, Ruccello, insieme ad altri autori, cercò di sviluppare un linguaggio capace di adattarsi ai tempi della drammaturgia sperimentale e, nello stesso tempo, sentì il bisogno di recuperare la tradizione artistica diffusasi nella cultura popolare.
La sua sperimentazione ebbe una grande importanza a Napoli poiché rivolse il suo interesse al mondo contemporaneo soprattutto nell’ambito della periferia diventando, così, la coscienza critica del proprio paese. Il suo grande merito fu quello di «conservare la memoria delle proprie radici senza rinunciare ad un’analisi lucida e attenta sul presente», come afferma Enrico Fiore.
Ebbene, sono trascorsi venticinque anni da quando, in una tragica notte di settembre del 1986, in un incidente d’auto sulla Roma-Napoli, Annibale Ruccello morì ma il desiderio di ricordarlo, oggi, dopo anni di silenzio, si fa sentire sempre più forte. Bisogna tenere viva la sua memoria, giorno dopo giorno, in maniera che le sue opere, i racconti della sua vita, lo studio del suo teatro, del modo di usare il linguaggio diventino uno stimolo per avviare una nuova generazione di autori.
Il teatro, come afferma Enrico Fiore, ha due doveri nei confronti di quest’artista: il primo è quello di proteggerlo da coloro che cercano solo di sfruttarne l’ immagine e il secondo compito è quello di far fruttare l’eredità che ci ha lasciato. E ancora, aggiunge Moscato, l’unico modo per tenere viva la memoria di Annibale è proprio quello di studiare il suo teatro in modo da metterlo in scena con la massima attenzione.
Certamente un altro “Ruccello” non ci sarà e la sua morte ha significato la fine della nostra drammaturgia, come dicono in tanti ormai, ma una nuova generazione di autori sta cercando di imporsi attraverso la forza della scrittura. L’unico problema è che si tratta di una generazione silenziosa non per la propria volontà ma perché semplicemente relegata in piccoli teatri senza la possibilità di “evadere” al di fuori della piccola cerchia.
Giulia Esposito