Stabile, Festival e Forum
L’en plein dell’imperatore, ora, pure, produttore, distributore e concorrente sleale.
Per quanto concerne la strabiliante proposta contenuta nel progetto della Fondazione Campania dei Festival verso il Forum Universale delle Culture progetto per le annualità 2011/2012, che si propone di dirottare 11 milioni di euro dei Fondi Por europei, destinati alle aree sottosviluppate del Mezzogiorno d’Italia per la valorizzazione e la crescita del lavoro, per la valorizzazione e la crescita dell’occupazione, per la valorizzazione e la crescita delle imprese sul territorio, parafrasando la canzoncina di Milva, che cantava di 4 vestiti, 4 stagioni, 4 colori, un solo amore, potremmo affermare che nel caso della pregiata Fondazione, si tratta di 4 vestiti vecchi, 4 stagioni inesistenti, 4 colori sbiaditi, un solo sarto e un’unica sartoria. I vestiti in oggetto sono: Festival di Natale, Festival di Pasqua, Festival Estivo, Festival d’autunno. Esaminiamo l’articolazione delle mirabolanti proposte in merito. La strategia posta in essere è dichiarata all’inizio, quella di costituire un “MARCHIO CULTURALE” e questo senza dubbio ci appare subito chiaro in tutta la sua lampante monopolizzazione omologata e omologante. Il marchio si deve intendere come il sigillo imperialista, posto dalla Fondazione sulla espressività, sulla creatività e sul lavoro del settore teatro. Gli slogan populisti non mancano, si parla di formazione del pubblico, destagionalizzazione dell’offerta culturale, aumento di produttività, sostegno dell’occupazione giovanile, miglioramento delle professionalità, rafforzamento dell’offerta culturale napoletana. Ecco in cosa in realtà si traducono riportando le parole del testo:
A – Con la prima linea, si realizzeranno atelier di grandi registi come ad esempio Peter Brook, Bob Wilson, Antonio Latella e Luca de Fusco
Il conflitto di interessi è kafkiano ed è insopportabile l’accostamento professionale di maestri come Peter Brook e Bob Wilson, nonché di un nome della ricerca internazionale come Latella, all’illustre raccomandato Luca De Fusco.
B – Con la seconda si incentiverà la nascita di spettacoli firmati da giovani registi campani: in ogni “tappa” del Festival sarà inserito uno spettacolo della nuova leva di registi in un disegno che punta allosvecchiamento e alla liberazione di nuove energie nel teatro napoletano.
Chi siano questi registi della nuova leva, guarda caso, non identificati, non ci è dato sapere. Premesso che svecchiamento è una parola orribile, volgare, che se pronunciata da questa amministrazione è completamente paradossale e grottesca, essa si configura, comunque, come una generica affermazione di intenti, del tutto propagandistica.
Ma vediamoli questi mirabolanti interventi che hanno richiesto il dirottamento dei Fondi Por verso il Forum delle Culture. Si tratta di spettacoli per un numero complessivo di 37 repliche a Natale, 13 repliche a Pasqua, 42 repliche per il Festival estivo, 15 repliche per quello d’autunno. Questi spettacoli teatrali, perché solo di questo si tratta, provocherebbero a detta degli imbonitori della Fondazione Campania, impatto culturale sul territorio, formazione del pubblico, destagionalizzazione dell’offerta culturale, aumento di produttività, sostegno dell’occupazione giovanile, miglioramento delle professionalità, rafforzamento dell’offerta culturale napoletana. Appare, lampante, invece, che il vero obiettivo, sia quello enunciato dalla Fondazione Campania stessa ed è il seguente:
La Fondazione stessa organizzatrice del Napoli Teatro Festival, e quindi committente e produttrice diretta di nuove creazioni per il Festival, in quest’ottica di sviluppo intende riprendere e valorizzare gli spettacoli già prodotti dalla stessa e da altre grandi istituzioni del territorio, beneficiando dei costi di produzione già sostenuti, ammortizzandoli nelle riprese e nella circuitazione degli spettacoli già allestiti, introducendo nel panorama culturale della Regione, importanti economie di scala.
Appare, dunque, lampante, che utilizzando i Fondi europei ad uso privato, si costituisce un nuovo Imprenditore Teatrale, produttore e distributore, che, abusando del suo potere, si pone con ingenti fondi pubblici in concorrenza sleale con le altre realtà del territorio, destabilizzandole e rendendo oltremodo ricattabili i lavoratori, che saranno costretti per lavorare ad sottostare al mercato imposto da un monopolio pubblico-privato. Cosa c’entri tutto questo con i Fondi Por, stanziati, ripeto, per la valorizzazione e la crescita del lavoro, per la valorizzazione e la crescita dell’occupazione, per la valorizzazione e la crescita delle imprese sul territorio, non ci è dato sapere. Non parliamo, poi dell’autentica presa per i fondelli rappresentata dall’affermazione che si intende valorizzare l’offerta culturale territoriale campana, laddove:
I giochi di lottizzazione spartitoria sono stati già fatti, in totale assenza di regole e bandi pubblici escludendo, totalmente le realtà produttive artistiche ed economiche che non sono allineate al pensiero omologato e omologante del pluridirettore massimo.
Si assiste, in assenza di monitoraggio del lavoro artistico espresso sul territorio, alla stesura di un progetto in cui appare totalmente squilibrato il rapporto tra intenti e scelte pragmatiche ed operative già predeterminate senza né capo né coda e tutto ciò finanziato con i Fondi Europei, mentre l’ordinario lavoro settoriale muore strozzato dalla crisi e dalla Regione Campania.
Di fatto il Forum è totalmente monopolizzato dall’ingerenza economica e artistica della nuova produzione e distribuzione denominata Fondazione Campania dei Festival, che uccide di fatto ogni potenzialità espressiva e creativa del Forum stesso.
L’idea poi dell’occupazione e formazione di nuove professionalità giovanili è un’ulteriore e autentica presa in giro, in un parterre di vecchiume consolidato, che non lascia spazio a nessuna eventuale giovane promessa.
La strategia di casta prosegue, dunque, vittoriosa, l’omologazione agisce indisturbata e le risorse economiche sono drenate verso questi due obiettivi vincenti.
Il teatro, che, come si sforzava di affermare il povero Strehler e tutto il teatro del novecento, èprovocazione, divisione del pubblico, non assuefazione, istupidimento, narcotizzazione delle coscienze, omologazione al ribasso, grazie alla politica di questi nuovi feudatari della cultura, MUORE.
Sollecitati dal PD regionale, che occorre ammettere con onestà, si configura come l’unico interlocutore politico per la cultura in questa città, abbiamo redatto, con il Teatro Nuovo, Libera Scena, Teatrini e molte altre realtà campane, questo documento di analisi e commento a questo nuovo attacco al mondo del lavoro teatrale in Campania, che riporto qui di seguito.
Carlo Cerciello
“Senza voler entrare nel merito della proposta artistica che, comunque, ci appare ancorata ai maestri del ‘900, mentre non riesce ad individuare i cosiddetti nuovi talenti o forze giovani, troppo spesso, chiusi in proposte marginali (v. Fringe), a cui viene, solitamente, messa a disposizione bassa capacità di risorse e visibilità, quello che emerge dalla lettura della delibera apparsa sul BURC. regione.campania.it il 28/11/2011, con la quale la Giunta Regionale della Campania assegna 11milioni dei Fondi Por alla Fondazione Campania dei Festival, di cui è presidente l’Assessora C. Miraglia, membro del consiglio di Amministrazione di Ravello e presidente del Comitato scientifico del Forum delle Culture, è una concentrazione, appunto, di interessi tutti collegati tra di loro.
Sembra sparita la forma Festival, che per l’appunto dovrebbe essere un polo di attenzione, monitoraggio e visibilità della produzione artistica. In questo caso, vi si legge una vocazione tentacolare, che, ponendosi al di sopra e fuori dal sistema teatrale regionale, si configura come una nuova impresa produttrice e distributrice, nient’affatto sistemica con il territorio, con un progetto di attività festivaliere spalmate sulle 4 stagioni e in tutta la Regione. Utilizza, impropriamente, i Fondi Europei destinati alla valorizzazione e al rilancio produttivo delle aree sottosviluppate del Mezzogiorno, nella misura in cui destina importanti quantità di risorse, per soddisfare limitati interessi produttivi.
A – Quanto costa alla comunità uno spettatore secondo i prospetti allegati al progetto della Fondazione Campania dei Festival?
51.590 spettatori in 107 repliche, per un costo complessivo di 13.783.150,00 euro, escludendo l’esigua sponsorizzazione di 150.000 euro circa. Uno spettatore costa mediamente 213,219 euro + 55,691 di costo medio del biglietto, per un totale di 268,910 euro a persona.
B – Quanta nuova occupazione e a quali condizioni?
Forse il 90% di cococo nella struttura organizzativa, 4 risultano, infatti, a tempo determinato, oltre alle cariche direttive con i loro ottimi stipendi. La stima dei 400 posti di lavoro pregressi, riguarderebbe, nel caso del progetto suddetto, un’alta percentuale di soggetti provenienti da altri territori e Paesi, rilevabile intorno all’80%,, mentre l’effettiva ricaduta di occupazione sul territorio sarebbe del 20% di contratti a progetto, lavoro, dunque, precario.
Dall’altra parte, ci ritroviamo con una legge, la lex 6 di sostegno al sistema spettacolo in Campania, il più forte d’Italia, tagliata del 60%.
12.000 unità lavorative, 210.000.000 euro di fatturato annuo, oltre 1.000.000 di spettatori, per un costo medio del biglietto, diviso tra intervento pubblico e privato, di 20-25 euro a persona e considerando che le risorse investite dagli Enti Pubblici verso il sistema privato, rientrano nelle casse dello stesso maggiorate del 10% dell’investimento iniziale, in termini di tasse e oneri (Iva – Irpef – Tarsu – Previdenza e quant’altro).
Viene da chiedersi come mai la Regione non riesca a leggere l’importanza di un tale portato sociale e culturale, e preferisca sostenere, fortemente, iniziative con una infinitesimale ricaduta sul territorio, con il rischio, anzi, di far crollare un sistema virtuoso, inserendo, inoltre, meccanismi di concorrenza sleale .”