Gramsci, cronache teatrali dall’«Avanti!»: 15 dicembre 1916 e 1918
Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920
… e chi vive si dà pace di Novelli al Carignano
Una rappresentazione vivace e colorita di un piccolo mondo di campagna, che vive gagliardamente la sua piccola vita, senza sottilizzare intorno a essa, senza smarrirsi nell’autoanalisi esasperata. Rappresentazione, non inquieta morale e psicologia dialogata; perciò arte, anche se i momenti in cui essa si afferma in valori definitivi, non siano troppo numerosi. O piuttosto esperimento, tentativo artistico, nel quale si rivelano le possibilità di una piú congrua solidificazione complessiva. Lo spunto è tenue e semplice. È la storia di un uomo che dopo la morte di sua moglie, si rifà una casa ritrovando nella donna di servizio la compagna che gli è necessaria per riempire la solitudine. Si arriva alla conclusione attraverso una serie di quadretti, sbozzati con abilità e sicurezza, cui dànno colore oltre che la bonaria sete di vivere del protagonista, la malizia gaia della donna, o gli intrighi di una madre che vorrebbe accasare la sua figliuola e l’intervento di un amico di casa che postilla col suo sorriso paesano lo svolgersi degli avvenimenti e l’adattamento graduale alle necessità della vita del vedovo, che subito dopo la morte della moglie diceva di volersi persino ammazzare.
Il Novelli ha trovato nella compagnia Di Lorenzo degli interpreti efficacissimi per il suo lavoro. La Di Lorenzo, il Falconi e il Biliotti hanno dato il massimo risalto ai personaggi, coadiuvati ottimamente dagli altri. Gli attori e l’autore furono molte volte chiamati alla ribalta.
(15 dicembre 1916)
La finestra sul mondo di Veneziani al Carignano
Carlo Veneziani appartiene a un gruppo di scrittori che si è proposto di rinnovare il teatro italiano. Le commedie e i drammi che si scrivono in Italia sono una casistica della vita sessuale che si svolge nell’àmbito della legge umana e che è perennemente insidiata dalle leggi della natura, cioè dai capricci, dalle emozioni, dalla mancanza di controllo su se stessi. Poiché il costume italiano è essenzialmente sessuale, poiché la sessualità è l’argomento che piú interessa lo spirito degli italiani, è naturale che gli scrittori di teatro non concepiscano altra vita che la sessuale. Ciò significa che gli scrittori italiani di teatro non hanno fantasia, non riescono a superare fantasticamente la mediocrissima umanità della quale fanno parte, mediocrissima umanità che inspira la sua vita spirituale al popolarissimo proverbio: «Chi non ha altro bene, va a letto con la moglie»; e non avendo fantasia, non riuscendo a concepire bene piú grande di quello che i sensi godono nell’alcova, gli scrittori italiani di teatro non sono artisti e il teatro italiano non è un fatto estetico, ma un fatto meramente pratico, d’ordine commerciale.
Ma il teatro italiano aveva finora visto la vita sessuale in due sole forme: quella piú crassamente sguaiata che si propone di solleticare e di provocare la frenesia erotica, e quella romantico-sentimentale che dipende dall’aforisma: «Dopo la voluttà, ogni animale è triste». Perché il teatro italiano si perfezionasse, era necessario che il fenomeno sessuale assumesse una terza forma (il tre è numero perfetto nella mitologia cristiana e nel simbolo massonico, che tanta importanza hanno avuto nell’informare il costume italiano) e questa fu escogitata dal gruppo degli innovatori: Pirandello, Chiarelli, Antonelli. Nei loro lavori i personaggi assumono in confronto della vita sessuale una posizione critica, assolutamente intellettuale, di introspezione.
In certo senso c’è un superamento, sebbene esso possa solo paragonarsi al gesto che fa il cane dopo aver rosicchiato un osso: è un inizio di risanamento del costume, di evasione dalla fogna miasmatica dei sensi.
Carlo Veneziani «dovrebbe» appartenere al gruppo innovatore, la sua commedia in quattro atti La finestra sul mondo che la compagnia Tina di Lorenzo ha presentato al pubblico torinese, «dovrebbe» appartenere alla serie delle nuove commedie. Ma è impossibile farla rientrare in essa: il Veneziani non ha altra visione della vita, altra attitudine all’introspezione, che quella espressa nei motti per ridere pubblicati dai settimanali illustrati. Tra Pirandello e Veneziani c’è l’abisso che separa un uomo intelligente da un collaboratore del «Numero» o del «420». La finestra sul mondo rientra nella serie delle commedie nuove allo stesso modo che un abito smesso rientra nella personalità dell’uomo che l’ha indossato: anche nella mediocrità intellettuale è necessario stabilire delle gerarchie di valori. La commedia è stata tuttavia applaudita: il pubblico non è uscito dal marasma spirituale del sesso, e le commedie di questo genere, la cui statura non supera la sua statura media, lo soddisfano doppiamente: perché il sesso ci predomina e perché banalmente si sorride della vita sessuale: nella banalità pubblico e autore si compenetrano, identificandosi.
(15 dicembre 1918)
Antonio Gramsci