Ciro Pellegrino ci parla del suo teatro
In occasione dello spettacolo Viv Le Ruà, QuartaParete intervista il regista Ciro Pellegrino
Nei tuoi spettacoli si vede spesso una messa in scena molto particolare. Ossia, riferendoci anche a Visioni presentato alla rassegna La Corte della Formica di quest’anno, una regia che presenta tratti onirici, atmosfere sempre in bilico tra sogno e realtà. È una scelta di gusto personale o nasce dall’esigenza di voler affrontare un determinato tipo di teatro?
Tutte e due. Per gusto personale perché mi piace molto lavorare con le immagini, credo sia una cosa che trasporta, dove la parola non arriva, arriva l’immagine, arriva l’emozione, l’emozione di immaginarsi delle cose. Come anche i colori, anche se non parli ti danno una sensazione. Quindi l’immagine arriva molto più veloce della parola. Poi il tutto è sincronizzato con la parola, con la musica… Per me l’immagine non è un supporto.
Viv le Ruà affronta molto la tradizione e la cultura napoletana; pensi che il teatro contemporaneo debba riallacciare i contatti con la tradizione oppure credi che la tradizione sia ancora molto viva e presente nel teatro di oggi?
Io penso che la tradizione sia viva, forse un tantino di meno rispetto a prima. Però la tradizione fa parte della nostra cultura, non possiamo dimenticarla. Ad esempio a me piace molto il teatro sperimentale ma tengo moltissimo alla tradizione. Per fortuna ci sono tantissimi autori che hanno una implementazione napoletana, e di ciò sono contento, è una cosa importante.
Progetti futuri?
Sarò a gennaio al Circolo Arcas con un mio monologo… È una visione quasi, infatti si intola Deliri Notturni, è la notte vissuta come il passaggio da un giorno all’altro, dove si acutizzano tutti i problemi, tutte le angosce, tutta la tristezza, tutta la malinconia del giorno. È un testo con parti scritte da me e parti prese da altri autori, tutto destrutturato, riscritto… È una parte di visione ma molto molto delirante.
Gennaro Monforte