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Un monologo di alta intensità emotiva al Circolo Arcas.

Le regie di Ciro Pellegrino hanno sempre una componente fortemente onirica e anche quella di Deliri notturni presenta questo aspetto, forse in maniera preponderante. Delirio notturno è il sogno, delirio notturno è un pensiero slegato, delirio notturno è un’ossessione che può portare alla pazzia ma soprattutto delirio notturno, in questo caso, è un pensiero nascosto, un segreto che può manifestarsi solo di notte quando tutto il mondo tace e non è lì pronto a giudicarti. Il protagonista di questo monologo o sogno tormentato dà appunto sfogo al suo pensiero e al suo essere. Come in Viv Le Ruà (sempre per la regia di Pellegrino) si parte da un sogno ma la differenza sostanziale sta nei toni, qui molto più cupi e drammatici. È però fondamentale evidenziare due richiami molto forti: la frase «Duorme criaturo ca si no ‘a notte te vene a piglià», ripetuta in maniera ossessiva e la leggenda dell’orco Miezo Culillo. Entrambi richiamano, alla mente del protagonista, la sua infanzia e il suo legame molto forte con la madre. La leggenda di Miezo Culillo viene narrata con una maschera che diventa rappresentante della maschera che egli è costretto a portare di giorno. Egli la guarda quasi con timore. Timore che si riflette per lo più nella disperazione di vivere sempre con un mistero nascosto agli altri esseri umani che, al contrario suo, hanno paura di una vita senza misteri. Oltre alla paura però si respira un’altra aria, un’aria fatta di solitudine e di mancanza di legami d’affetto. Ecco che quindi durante il delirio avvengono la ricerca di un legame umano, tramite la contemplazione di una semplice finestra accesa, la ricerca di un legame con una felice infanzia ormai perduta, tramite un vecchio album di foto e la ricerca di un legame con il proprio io, tramite una musica dolce, una collana, due orecchini e un filo di rossetto. Questa atmosfera di solitudine tanto ricorda l’atmosfera de Le 5 rose di Jennifer di Ruccello, ma qui, a differenza della celebre opera del drammaturgo stabiese, la solitudine non persiste in maniera forte ma viene repressa in vita dal protagonista per poi sfociare libera durante la visione onirica, visione bruscamente interrotta da un temporale: è ormai ora di “svegliarsi”, il dramma-onirico/angoscia-reale sta per terminare. È il momento di riporre la bigiotteria negli scatoli, metaforici meandri della mente. È il momento di riporre gli oggetti, causa di un’incolpevole tormento. È il momento di nascondere il rossetto e tornare ad una vita fatta di apparenze fino a quando non tornerà la notte, il delirio, la libertà d’essere se stessi senza problemi.

Gennaro Monforte

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DELIRI NOTTURNI

di e con Ciro Pellegrino

dal 6 all’8 gennaio 2012 al Circolo Arcas 

REGIA

Ciro Pellegrino

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