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Con “Le guardie del suo corpo” il regista porta in scena uno spaccato della storia recente dell’Italia e degli italiani.

Uno specchio che riflette la realtà. Senza che però il pubblico lo sappia. E’ questo Le guardie del suo corpo, lo spettacolo con cui il regista Mario Gelardi ritorna al teatro per quello che egli stesso definisce un nuovo inizio.

Come sempre attento osservatore della attualità, di ciò che essa comporta e delle cicatrici, anche lievissime, che essa lascia nella società, qui Gelardi, affidandosi a tre giovanissimi attori che perfettamente esasperano le figure che rappresentano, racconta un pezzo della storia recente da un punto di vista particolare: la vita del Presidente attraverso gli occhi della sua scorta. A quale personaggio di potere ci si riferisca non è esplicitamente mai detto, ma la conoscenza anche sommaria degli ultimi avvenimenti che hanno contraddistinto la realtà governativa italiana non potrà indurre in errore. Tom ed Alex, rispettivamente interpretati da Raffaele Ausiello (bravissimo nella mimica e nelle movenze che affida al suo personaggio) e Carlo Caracciolo (perfettamente credibile nel conferire l’esatta misura di ingenuità e sprovvedutezza al suo carabiniere) sono gli spettatori più prossimi di quello che accade durante le serate di festa nella villa del Presidente, costretti immobili a presidiare l’ingresso, eppure sembrano non capire, non voler davvero comprendere quanto succede all’interno. I loro occhi chiusi, l’ingenuità dei loro discorsi, il silenzio a cui devono attenersi, in realtà, però, va ben oltre le loro persone: è la cecità di quegli italiani che hanno veduto e non creduto, che non si sono posti domande ma si sono accontentati delle risposte che gli venivano date; è l’ indifferenza, il pressapochismo di chi ha lasciato che ciò accadesse senza indignarsi, senza ribellarsi, senza pretendere che fossero altri a rappresentarli nella vita politica nazionale. Piuttosto ridendo di tutto ciò, così come ride il pubblico in sala che non si accorge di essere sì chiuso nel luogo della finzione per antonomasia, ma di assistere, in verità, alla sua storia. A quella vissuta sulla propria pelle, che ha reso complice chiunque abbia taciuto. Chiunque abbia accettato con rassegnazione che tutto scorresse, seguisse il suo corso senza opporvi resistenza.

Il merito dello spettacolo di Gelardi, dunque, è proprio quello di aver raccontato, restando fedele ai fatti; di aver portato in scena, attraverso una narrazione veloce, ritmata, che accentua senza però mai perdere di realismo alcuni aspetti e modi di fare, l’evidente, ciò che non ammetterebbe titubanze e rispetto al quale invece, si è scelto calasse il silenzio.

In particolare con dolcezza e compassione, è parsa essere stata scritta la figura di Sveva, a cui Irene Grasso regala la giusta intensità nelle vesti della giovane donna che involontariamente si trova incastrata nei tentacoli del Presidente e che ad esso si ribella. Rappresentante delle tante sprovvedute ragazze che hanno accettato passivamente il compromesso, in cerca di un successo illusorio, ma anche voce di coloro che non hanno inteso più restare in silenzio e gridare forte il loro sdegno.

Volutamente scarna la scenografia, che lascia alle sole luci il compito di evidenziare i passaggi della storia accompagnando lo spettatore da una scena ad un’altra fino ad arrivare ad un finale di effetto in cui è la musica a prendere il sopravvento e rompere ogni indugio, suggerendo, sembra, una sola condivisa soluzione…

Da non perdere.

Ileana Bonadies

 

Teatro de Poche

Via Salvatore Tommasi 15,  Napoli

Tel: 081 549 09 28 – 339 650 79 49

email: info@theatredepoche.it

sito web: www.theatredepoche.it

Repliche fino al 22 gennaio.

 

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