Gramsci, cronache teatrali: “L’arch an cel” di Leoni al Rossini
Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920
L’arch an cel di Leoni al Rossini
Il signor Mario Leoni, al secolo commendatore Giacomo Albertini, ex deputato al Parlamento nazionale, sezione elettiva, ha ieri presentato al pubblico del teatro Rossini l’ultima novità del suo bazar spirituale da rivendugliolo di Porta Palazzo. La novità è intitolata L’arch an cel e si compone di quattro atti, coi personaggi che parlano in dialetto piemontese. Altra volta, scrivendo di una commedia di Mario Leoni, abbiamo affermato che cattive azioni di questo genere non dovrebbero rimanere impunite, e ci siamo augurati che per il signor Mario Leoni si restaurasse la pena corporale che nel Medio evo puniva le donne adultere: una passeggiata per le strade cittadine a schiena d’asino, col corpo nudo impegolato e variegato di penne di pollo.
Il signor Mario Leoni non è uno scrittore, anche se per scrittore s’intenda chi compila l’Almanacco di Chiaravalle o il Libro dei cuochi. Mario Leoni è un rozzo uomo, che ha per cuore una bistecca e per cervello una spugna da massaggio. Con la sua praticoneria da esercente furbo, infarcisce zibaldoni verbali, speculando sul candore e l’ingenuità del pubblico popolare, come una astuta mercantessa di carne femminile può speculare sui primi brividi della pubertà degli adolescenti allevati a bacioni materni e a caramelle sororali. Non è possibile che neanche un’ombra di rispetto si possa sentire per le fatiche di questo dozzinale acciabattone, che non rispetta nulla e nessuno, che mercanteggia la commozione istintiva per il dolore materno, imbrattandolo subito dopo con la piú goffa buffoneria, che impiastriccia le commedie con la stessa disinvoltura che serve allo straccivendolo per ficcare in un sacco sudicio tutti i rifiuti della vita. Col signor Mario Leoni non è possibile, e sarebbe indecoroso, anche accennare a uno spunto critico: non si può dialettizzare il tanfo.
La reazione adeguata e omogenea alle fatiche del signor Mario Leoni può solo essere di natura fisica: una pena corporale come la suddescritta, integrata con qualche beffa del genere novelle cinquecentesche con protagonista il secco e triste pedagogo.
(28 gennaio 1919)
Antonio Gramsci