Il sogno di Mimì si fa teatro
Al Théâtre de Poche va in scena per un pubblico appassionato, la storia e la musica di Mia Martini.
Dal 3 al 5 febbraio è andato in scena al Théâtre de Poche Il sogno di Mimì/Suite per un’anima incentrato sulle vicende personali e lavorative di Domenica Bertè/Mia Martini.
Ma ciò che colpisce prima di tutto è il teatro in sé. Il pubblico si accomoda in sala attraversando il palco e viene proiettato in quella che sembra una piccola cava con il soffitto ad arco. Tutto il nero intorno circonda gli spettatori che si ritrovano paradossalmente in un clima accogliente e caldo. Qui scoprono la storia di un’araba fenice della musica, la cui esistenza è stata caratterizzata da amore e distacco, successi e rifiuti, gioia e solitudine. Una continua altalena, un pendolo che ha oscillato senza sosta facendo conoscere all’artista tutti gli aspetti della vita, quelli veri e spesso quelli più crudi che vengono descritti con sincerità e senza mai sfiorare il pietismo.
In scena troviamo Elisabetta Serio al piano e alle percussioni ed Ernesto Nobili alla chitarra che raccontano la storia insieme a Caterina Pontrandolfo e Cristina Messere. Due sono le attrici a rappresentare la protagonista dello spettacolo perché bisogna mostrare tutte le sue duplicità.
Il pubblico entra così in contatto con Mia Martini e Domenica Bertè, con la cantante e la donna, con la figlia e la madre mancata. Tutta la narrazione gira intorno a simbolismi come i palloncini fatti scoppiare sotto la maglia per riprendere l’idea di una gravidanza mai portata a termine.
Ma la scena che più di tutte è da sottolineare e che ha maggiormente colpito il pubblico è quella relativa al periodo in cui la Martini fu tacciata di essere una iettatrice. Così la Mimì della Messere costringe la Mimì della Serio, molto simile fisicamente alla cantante, ad indossare una giacca viola, un cappello nero contornato da una corona di aglio e a tenere in mano i cornicielli. Chi la guarda, avvisa la Messere, verrà colpito da una disgrazia. Il tutto si trasforma così in una scena divertente che coinvolge il pubblico esortato a non guardare la menagramo. Tuttavia alla fine si svela un’amarezza che nasce dall’impossibilità di capire il motivo di tale accusa. Se si fosse parlato di una malattia, come l’AIDS, sarebbe bastato portare delle analisi per dimostrarne la falsità. Ma contro l’accusa di portare sfiga, non c’è nulla da fare.
Comincia, così, il periodo di silenzio artistico che stava per condurre la Martini ad abbandonare definitivamente la sua carriera. Ma per fortuna è ritornata l’alba ed è arrivata Almeno tu nell’universo. Lo spettacolo, infatti, non ha solo una connotazione narrativa ma è arricchito dalle canzoni composte dall’artista e meno note. Per quelle più famose, invece, vengono solo accennate le note principali.
Viene anche ripreso il rapporto che Mia Martini ha con Napoli. La nostra città le ricorda la sua Bagnara Calabra, dove è nata e cresciuta e dove da bambina amava sfidare il mare. E parlando di Napoli si giunge a parlare di amicizia e della collaborazione con Roberto Murolo e Enzo Gragnaniello mentre la melodia di Cu ‘mme se fa si diffonde.
Napoli ritorna di nuovo nel finale quando Mia/Domenica con un cappello di paglia addobbato con un fiore arancione saluta tutti e va via.
Lascia tutti misteriosamente e ricordando che finché ci saremo noi, ci sarà anche lei.
Gabriella Galbiati
Théâtre de Poche
Via S. Tommasi, 15 – Napoli
Tel. 081 549 09 28 – 339 650 79 49