Gramsci, cronache teatrali: “L’uomo del sogno” di Adami all’Alfieri
Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920
L’uomo del sogno di Adami all’Alfieri
Giuseppe Adami costruisce i suoi tre atti su questo motivo: quali reazioni sentimentali provoca l’avvicinamento di un grande uomo a un piccolo mondo provinciale, materiato di piccoli fatti, di piccole anime pettegole, di fanciulle che sognano il cavaliere della leggenda? E l’Adami ha avuto il buon gusto di non fare del grande uomo la solita creatura fatale, d’eccezione, che travolge nel suo cammino tutto e tutti. Ha invece posto in iscena un uomo apparentemente uguale agli altri, che se ne differenzia solo, come avviene di solito nella vita, per l’alone fantastico che la sua fama ha creato intorno alla sua persona, e per la maggiore tolleranza di fronte alla vita vissuta che la piú rapida comprensione e intuizione degli avvenimenti rende naturale in lui. Un essere normale, insomma, e non la abusata caricatura del superuomo, che la comune degli scrittori, non essendo essi stessi dei geni, non riescono a ricreare che come caricatura. Paolo Varchi è l’uomo del sogno. Egli, piombando all’improvviso in un ambiente provinciale, diventa nella fantasia dei suoi ospiti e degli amici degli ospiti, il modello di umanità cui tutti inconsciamente tendono, per l’ingegno, per lo spirito pronto, per la tranquilla e serena placidità con cui giudica tutto e tutti, e anche nelle piccole miserie della vita trova un ritmo superiore, una bellezza che negli altri non appare perché di quelle miserie sono le vittime e gli attori. Questo suo differenziarsi dagli altri suscita il piccolo dramma dei tre atti. Nella casa in cui è l’ospite occasionale, si svolge un idillio. È naturale che la giovinetta, Carmine, paragoni i due uomini che piú la interessano spiritualmente e per un istante dia la preferenza all’uomo del sogno. Come è naturale che Roberto, il fidanzato di Carmine, diffidi di questo fascino intellettuale e diventi ingiusto, duro, grottesco, persino, almeno apparentemente, nel suo rancore inconsiderato. Paolo Varchi è però un grande uomo morale, e non abusa delle illusioni fantastiche di Carmine. Dopo un attimo di abbandono, riprende la padronanza di sé e rinsalda volontariamente l’iato prodotto senza volerlo. Roberto si pente dei suoi grotteschi stati d’animo e ritorna alla fidanzata, che all’immagine di cartone del sogno preferisce di nuovo la realtà viva dei suoi piú profondi sentimenti. Intreccio semplice e dimesso, che in verità non trova un’espressione che non superi sempre la mediocrità, ma che ha il pregio della semplicità e della sincerità intellettuale, e della modestia. Ciò che non è cosa che si incontri ogni giorno nel mercato letterario.
I tre atti furono bene accolti, e molti applausi andarono specialmente agli attori: il Ruggeri e la Vergani tra gli altri.
(7 febbraio 1917)
Antonio Gramsci