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Al Ridotto del Mercadante, inumiditi dalla pioggia sottile di Edimburgo.

Leggerezza è altra cosa rispetto a levità. Il primo termine, in una delle sue interpretazioni, tende al manchevole, richiama all’ errore imprevisto; non è per forza lessema malvagio, ma di fatto ambivalente nelle possibilità di utilizzo. La seconda possibilità, quella della levità, che di leggerezza è sinonimo, si concentra sull’innocenza, è un inno alla genuinità, quindi meno flessibile.

Midsummer – una commedia con canzoni, regia di Gianpiero Borgia, è una commedia che alimenta una riflessione sull’incontro tra diverse forme d’espressione, l’accavallarsi tra di loro, la simulazione che una possa fare dell’altra. Questo perché, a beneficio di una traduzione ben riuscita dell’originale inglese da parte di Masolino D’Amico, il testo della pièce è un punto di forza che può fregiarsi di questa attitudine per un dato di fatto, non solo perché il suo autore (David Greig) sia una personalità importante del panorama teatrale contemporaneo. Il drammaturgo e il prosatore, la stessa persona, fanno a pugni, i riverberi della lotta si sentono guardando lo spettacolo, e terminano col sintetizzarsi, per di più, in un effetto che lambisce i confini della sfera cinematografica, che in fondo non è nulla di diverso se non il prodotto di un matrimonio burrascoso e passionale tra il romanzo e il teatro.

Non essendo sufficienti i soli ingredienti per avvalorare una pietanza, si elogia il preparatore, che guarnisce un impianto di base con particolari di inenarrabile importanza.

La crisi di mezza età in cui i protagonisti sono impantanati si materializza ad Edimburgo, dove piove, piove anche per il solstizio d’estate, momento decisivo di ogni anno così come della loro vita. La pioggia potrebbe alimentare il pantano, ma finisce per rivelarsi purificatrice: Helena e Bob (Manuela Mandracchia e Christian Di Domenico) si incontrano occasionalmente, si perdono volontariamente, restii all’obbligo che “trentacinque anni” e “da solo” siano, se coincidenti, due condizioni inevitabilmente destinate ad affiancare al primo incontro che capiti, l’aggettivo “importante”; infine si ritrovano, con l’aiuto del caso, a dover affrontare un’infatuazione che esiste, indipendente dalla loro volontà.

L’intreccio viene messo in scena con i protagonisti che dialogano narrando anziché narrare dialogando, andamento che si addice ad un racconto appunto, non troppo al teatro. Ma accade, è così e funziona.

Si sostiene su una base che infonde sicurezza all’opera tutta: la levità.

Non se ne intravede la presenza solo perché si ride (una risata da parte del pubblico, più che causata è sempre cercata, è parte integrante del copione), quanto soprattutto per un motivo evidente: le vicende sono già note prima di sedersi, eppure si resta seduti a guardare con attenzione, non avendoci scommesso troppo. Il linguaggio disinibito e le considerazioni corrosive sono attenuate dalle musiche gradevoli di Gordon McIntyre, eseguite da Papaceccio e Cespo Santalucia (il primo dei due accompagna i protagonisti presenziando con loro in scena).

Volendosi lanciare in un parallelismo decisamente impegnativo, la levità è il segreto della commedia come lo è della vita in quanto essa tende a funzionare in modo non troppo diverso da questa pièce, tutte storie conosciute, per lo più già sentite, tutte con lo stesso principio e tutte con lo stesso ineluttabile esito; e niente è capace a smorzare il nostro interesse nel capire come tutto si dispiegherà.

Ne deriva, infine, un’imprevista comprensione verso l’esigenza comune di assistere, a teatro come al cinema e così come per una lettura, a qualcosa che rilassi e non sia impegnativo: se lo standard è questo, ci si sente addirittura colpevoli ad averla sempre biasimata.

È d’uopo porsi una domanda: Ma gli U2 (Irlandesi) saranno davvero così sacri in Scozia, oppure li avranno utilizzati così copiosamente con lo stesso fare con cui all’estero si crede che tutte le città d’Italia, e non solo Napoli, siano indistintamente patrie della pizza?

In scena sino a sabato 25 febbraio.

 

Andrea Parrè

 

 

Teatro Ridotto del Mercadante

Piazza Municipio – 80133 Napoli

Tel. 081 551 03 36 – 081 552 42 14

Biglietteria 081 551 33 96

info@teatrostabilenapoli.it

http://www.teatrostabilenapoli.it/info/teatri/ridotto

 

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