I nostri “Giorni Perduti”
Una icastica rappresentazione che indaga a fondo tra malessere sociale e follia.
Teresa Palumbo sta dormendo, sotto una volta di scatoloni e di giornali, ma il sonno suo è poco sereno. Teresa Palumbo sta forse sognando mentre muove mani e piedi, in lungo e in largo nel suo piccolo cantuccio di stracci. Ma a muoversi troppo, succede che crolla tutto, e allora occorre svegliarsi per forza e guardare in faccia, negli occhi, un altro giorno.
“Giorni perduti”, drammaturgia di Luigi Imperato per la regia di Silvana Pirone, Domenico Santo e Luigi Imperato, è una piece dalla singolare forza straniante, capace di lanciare sassi all’anima – di quelli piccoli e taglienti che la quotidianità riserva un po’ a tutti – e di risvegliarla dal sonno benpensante, che vuole che al mondo si stia tutti bene.
Protagonista femminile ed unica presenza sulla scena, Teresa Palumbo (l’incisiva Silvana Pirone, di una potenza espressiva non comune) vuol raccontare una storia, la sua storia, di case evaporate in uno scenario di imballaggi, di abitudini sociali e di divagazioni da strada, di un’esistenza vuota e ancor piena di dubbi.
E il narrare, in uno scenario bislacco di cartoni-armadio e di alluminio-specchio, assume una marcata deformazione nel suo stesso svilupparsi: Teresa racconta di Teresa, prima ancora che di sé, è talvolta soggetto, talaltra oggetto delle sue allucinazioni, dei suoi ricordi evanescenti e fittizi.
Ecco che il racconto si svolge, ecco entrare sulla scena, fantasmi o visioni, Amid, “che è arabo” e che crede che Pinocchio vada riscritto, perché in realtà “è una storia politica”, Enrico, il direttore di quel teatro nel quale Teresa passa i suoi giorni (“Hanno detto che sono brava.”) e laddove finirà per concedersi, quasi senza comprendere, allo stesso direttore, e una donna, quella donna che, una notte, le portò via la casa nascondendola in un furgone.
E mentre racconta prepara il caffè, che poi offre in sala, richiedendo un compenso che poi rifiuta sdegnosa. E mentre dibatte tra sé e sé con Amid, Teresa abbandona la sala, passando tra il pubblico, va via.
Una voce ci annuncia la morte dell’arabo, una voce d’amica che rivela a Teresa la sua vita insensata e incomprensibile, scandita da inezie e irrealtà, da illusioni e fughe mentali.
E’ giunto il momento di raccontare fino in fondo, con l’ultima forza del giorno, del ratto che tanto inquieta la nostra giovane protagonista di strada: quella notte Teresa ha seguito il camioncino, ha seguito la ladra. L’ha raggiunta e l’ha vista maneggiare le sue proprietà, i suoi scatoloni, i suoi giorni perduti, smarriti in uno stato idiota e confuso, assorta e smarrita.
Quella sera Teresa si è guardata negli occhi, da burattino è divenuta per un attimo donna, e “ fa un cazzo di male trasformare il legno in carne.” È divenuta donna, ma solo a tratti, solo quando il ricordo è sostenuto da sufficienti forze, solo quando il suo sogno e la sua fantasia non hanno la meglio.
E allora anche oggi è passato e non c’è altra soluzione alla vita che la morte o, almeno, colei la quale della morte è l’imago: buonanotte Teresa, custodisci anche i nostri sogni di uomini e donne troppo impegnati nelle faccende quotidiane, così presi dalle beghe giornaliere da non avere più quella sensibilità di avvertire sulla pelle i tuoi colpi leggeri e le tue pietre aguzze.
Antonio Stornaiuolo
Giorni Perduti sarà ancora in scena questa sera alle 19.
E per l’ultimo weekend di febbraio, a chiudere la breve rassegna che vede la compagnia Teatro di Legno protagonista assoluta nel teatro di San Giovanni a Teduccio, andrà in scena Devot’ .
Sala Teatro Ichòs
Via Principe di Sannicandro 32/A – San Giovanni a Teduccio (Na)
Per info: www.ichoszoeteatro.it – email: mattielli4@alice.it
Tel. 335 765 25 24 – 081 27 59 45