Una donna… e il difficile mestiere di vedova
Licia Maglietta, regista ed interprete del monologo, trasforma in spettacolo teatrale il testo della scrittrice Silvana Grasso.
È buffo arrivare a teatro e scoprire che qualcuno ha visto lo spettacolo il giorno prima al posto tuo ed è entrato usando il tuo nome. Forse lo avranno fatto per risparmiare il costo del biglietto o forse per divertirsi e fare uno scherzo di Carnevale o chissà. Per cui, ne approfitto per ringraziare il botteghino del Nuovo Teatro Nuovo e il loro addetto stampa Raimondo Adamo per avermi fatto entrare lo stesso.
È anche buffo come la vita da una situazione di nervosismo mista ad imbarazzo, ti riesca a proiettare subito dopo in una completamente diversa e in questo caso piacevole. D’altronde, la vita ti offre la possibilità di interpretare ciò che accade in molti modi diversi, così come succede alla protagonista de Il difficile mestiere di vedova.
Allo sguardo degli spettatori si presenta uno sfondo nero e al centro del palco un’enorme cornice dorata entro la quale prenderanno vita le strane vicende di Silvana, la protagonista. Il bellissimo gioco di luci, ad opera di Cesare Accetta, intanto, nel corso della storia, indicano se è giorno o notte o se ci troviamo vicino al mare o immersi in un giardino botanico tra piante rare.
Silvana, interpretata da Licia Maglietta, è laureata in Filologia classica e per questo si presenta proponendo a chi l’ascolta un excursus su tutte le più celebri e illustri vedove del mito e delle leggende greche, tra cui Clitennestra e Didone: due vedove e due donne diverse che hanno reagito in modo personale alla vedovanza. Così come è diversa e a tratti bizzarra la vedovanza della protagonista.
La donna vive a Gela ed è iscritta al club nautico “La Cozza”, frequentato soprattutto da coppie sposate. Rimasta da poco vedova, le altre donne cominciano a vederla come una minaccia, ovvero come colei che, ormai libera, è in cerca di un nuovo compagno e potrebbe portar loro via i mariti. Viene definita buttanona, che non vuol essere un’offesa ma in siculo sta ad indicare una donna ancora piacente, prosperosa e per di più dotata di una certa cultura.
La protagonista, infatti, si diletta ogni tanto a recitare in greco antico versi saffici e non solo e usa spesso e volentieri un linguaggio ricercato senza mai scadere nella pedanteria. A ciò il pubblico reagisce positivamente, sorridendo alle sue continue battute pronunciate con parole che si spera non cadano completamente in disuso.
Il problema di Silvana però è sempre lo stesso. Le altre donne del club temono che lei vada a caccia dei loro uomini e interpretano qualsiasi suo atteggiamento in questo senso. Non riescono in alcun modo a notare che la neo-vedova non è minimamente interessata ad alcuno e che anzi soffre di depressione. Il sintomo più clamoroso è il suo forte dimagrimento e conseguente deperimento che viene, invece, frainteso con la volontà di rimettersi in forma per darsi alla ricerca di un uomo. Il nome di Nietzsche qui non viene pronunciato ma aleggia nell’aria e nella testa di chi scrive. Non esistono fatti bensì interpretazioni, perché qualsiasi cosa faccia Silvana sembra essere finalizzata unicamente allo scopo di trovare un compagno togliendolo ad una delle gentili ospiti del club le quali si fingono amiche ponendole continuamente domande nella speranza di carpire qualche segreto e scoprire su chi ella principalmente abbia delle mire.
Nessuna di loro è sfiorata dal dubbio che Silvana possa essere diversa e che abbia semplicemente voglia di frequentare persone e stare in compagnia.
Così la nostra eroina, suo malgrado, decide di indossare la maschera che le è stata imposta: quella della femme fatale pronta alla caccia grossa e comincia comprare non a caso vestiti e costumi da bagno leopardati. Il problema è che, da questo momento, si susseguono una serie di incontri alquanto comici e inconcludenti con uomini liberi ma poco propensi ad un’unione. Alla fine, la povera Silvana continuerà ad essere sola e vedova.
Fin qui la trama.
Per quanto attiene la recitazione di Licia Maglietta, l’opinione è abbastanza contrastante. Riesce a tenere tranquillamente la scena per più di un’ora senza mai far perdere l’attenzione; il suo personaggio è divertente e reso molto bene anche con il linguaggio del corpo. Per certi versi e per la quantità di tic con cui viene reso, sembra richiamare uno dei personaggi di Franca Valeri ma in versione siciliana. Ciò che però lascia perplessi è che in alcuni momenti l’attrice, che è anche regista dello spettacolo, non ricorda le battute, si interrompe e cerca il suggerimento dall’alto.
Diversificata è stata anche l’opinione del pubblico raccolta fuori dal teatro: c’è chi infatti si è detto divertito e chi ha trovato il monologo solo composto da stereotipi e banalità.
Ma nel complesso Licia Maglietta appassiona e fa rivivere, divertendo, le avventure che una donna vedova ha dovuto realmente affrontare. Lo spettacolo, infatti, è tratto dall’esperienza e del conseguente libro Sette uomini sette. Peripezie di una vedova di Silvana Grasso, edito da Flaccovio Editore, e rimarrà in scena fino al 26 febbraio al Nuovo Teatro Nuovo.
Gabriella Galbiati
Nuovo Teatro Nuovo
via Montecalvario, 16 – Napoli
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botteghino 081 497 62 67
botteghino@nuovoteatronuovo.it
Orari spettacolo:
da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 18.30
Conoscenza dell’argomento,capacità ,( abilità descrittiva cc..)e consapevolezza dei valori in gioco quando si trasmette al pubblico una notizia, sono cose che tu hai,continua così,Auguri