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Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920

Il nuovo falco di Teglio al Carignano

Il signor Paolo Teglio voleva scrivere una commedia, e voleva che essa fosse originale. Il signor Paolo Teglio, pensa e ripensa, scoprì che fra i tanti ingredienti che la vita e la società pone a disposizione degli scrittori, l’aeroplano non era ancora stato convenientemente sfruttato. Il signor Paolo Teglio decise allora di scrivere una commedia in cui entrasse l’aeroplano. Ma l’aeroplano è un meccanismo che non parla e non si muove senza che uno o più uomini lo mettano in movimento e lo facciano diventare oggetto di drammaticità (almeno nell’apparenza) di azione, di passioni, di contrasti. L’aeroplano, insomma, si rivela come una pura esteriorità, che in un lavoro drammatico ha la stessa importanza delle sedie, degli alberi, delle pareti di una stanza, delle scarpe che i personaggi riempiono con i loro arti inferiori. Ma il signor Paolo Teglio aveva appreso molte parole che si riferiscono all’aeroplano e alle sue funzioni, aveva persino imparato il grido di guerra degli aviatori: Eja, eja, alalà. Probabilmente il signor Paolo Teglio è un aviatore, o almeno ha provato le emozioni del volo, e perciò crede che di per sé l’aeroplano possa destare negli spettatori di una commedia quell’empito fuso e vago, fatto di brividi carnali e di fantasticheria astratta, che deve provare chi si solleva dalla terra affidandosi a un fragile strumento meccanico. Certo è che nella commedia manca ogni altra drammaticità, ogni azione, ogni movente di azione. C’è un intreccio, ma esso rimane pura successione di scene e dialoghi, senza anima, senza interiorità. Un ingegnere che è stato rovinato da un giovinastro scioperato, e inventa un nuovo aeroplano: un giovinastro scioperato che, dopo commessa una grave colpa, viene toccato dallo spirito del bene e diventa pilota, e si redime. Una signorina che all’insaputa del papà, accompagna il suo amico nei voli e, coi capricci, riesce a farsi condurre a bordo anche per il volo di prova della nuova macchina inventata dal papà e guidata dall’amico convertito al lavoro e all’attività buona. Il nucleo di ogni scena, di ogni dialogo è sempre e solo: l’aeroplano, il volo, che sostituisce la continuità drammatica, che determina un’unità fittizia e puramente esteriore. La commedia è condotta sul canovaccio di una pochade: l’elemento sensuale è sostituito dalla declamazione eroica o letteraria, ma l’impostazione è la stessa: una macchina, non l’interiorità passionale, un susseguirsi di scene, non l’azione, declamazione letteraria più o meno, non espressione spirituale. Il pubblico ha fatto giustizia dei tre atti del signor Paolo Teglio senza molti sforzi e con molto tedio.

(8 marzo 1918)

Antonio Gramsci

 

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