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La figura materna descritta da Ruccello nel 1986 tra ragione e follia, torna in scena all’Elicantropo.

Tre attrici e una sola sincronica voce per raccontare l’universo materno. Immagini di madri che sono innanzitutto persone, donne e, come tali, imperfette, talvolta inadeguate nel ruolo, con angosce personali irrisolte. È questa la struttura che Giusy Crescenzo, regista del progetto, sceglie per rappresentare l’ultimo lavoro di Annibale Ruccello, Mamma. Piccole tragedie minimali. E per animare di parole, sguardi, gesti i quattro brevi atti unici di cui si compone l’opera, sceglie tre ottime interpreti, Fabiana Fazio, Valeria Frallicciardi, Alessandra Mirra, giovani nell’età ma con alle spalle già molti premiati lavori, le quali sanno rendere con ecletticità, energia, senza mai perdere il ritmo delle incalzanti battute, le madri di cui raccontano uno spaccato di vita e gli umori multiformi che le animano.

E così, ecco, che le luci si abbassano e il primo quadro si accende su quella che appare simile ad una figura fiabesca a tre teste: è la storia di Catarinella che sta prendendo corpo attraverso il racconto che di essa fa la prima mamma. La prima “vera” mamma, colei che sola impersona in pieno il personaggio a cui fa accenno il titolo, «una sorta di figura materna ancestrale e portatrice di calore familiare», come la tratteggia la Crescenzo.

A seguire altre due fiabe: quella di Mezzuculillo e de Il re dei piriti.

Poi l’atmosfera cambia, ed è Carmela, rappresentata sempre in tre dimensioni, che prende la scena, protagonista di Maria di Carmelo. Vestita di bianco, immaginine di santini in mano, sguardo penetrante e folle che non lascia indifferente chi incrocia i suo occhi, vive in un “ospedale” gestito da suore e il suo labile equilibrio psichico la porta di continuo a sragionare, a dire frasi senza senso, a credersi ciò che non è, ovvero la Madonna, ma anche, semplicemente Orietta Berti.

Dai risvolti drammatici è, invece, il terzo atto della drammaturgia in cui è una madre egoista, attenta alle apparenze e ai giudizi altrui ad essere descritta; una madre il cui mal di denti è troppo forte per accogliere una figlia bisognosa di sostegno, in un momento delicato e cruciale della sua vita, prima che il silenzio infinito metta a tacere le tante chiacchiere dell’una ed i tanti impauriti interrogativi non esternati dell’altra.

Attraverso un caleidoscopico ventaglio di situazioni e stati d’animo, accompagnati dalle musiche originali di Antonio Saturno, dunque, si arriva all’ultimo atto; quello in cui è la televisione con le velleità che ad essa si accompagnano, la voglia di apparire, la tendenza  a costruirsi un mondo parallelo nel quale rifugiarsi per sfuggire alla monotonia della quotidianità ad entrare con forza, condizionandola, nella vita della protagonista Anna, madre di figli dai nomi improponibili tipici delle telenovelas. Fino a quando, in un crescente di toni sguaiati, non sarà un emblematico scossone a risvegliare dal “sogno” fittizio i personaggi tutti e le loro coscienze.

Vincitore del Premio Miglior Regia e Premio Miglior Attrice  alla VI edizione del Rota In Festival 2011 – Festival Europeo della Nuova Drammaturgia e dei Gruppi Teatrali Emergenti, lo spettacolo, presentato da Ars Musae in collaborazione con Associazione Sant’Alfonso Maria de Liguori, si pone quale interessante omaggio al drammaturgo stabiese scomparso precocemente e, nell’originalità dell’impostazione, non manca di restituire con efficacia i tratti salienti dell’opera rucceliana.

In scena fino a domenica 25 marzo.

Ileana Bonadies

 

Teatro Elicantropo

Via Gerolomini, 3 – Napoli

Info: 081 29 66 40

e-mail: teatroelicantropo@iol.it

www.teatroelicantropo.com

 

 

 

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