Provocazioni ponderate
A Galleria Toledo in scena Macadamia nut brittle fino al 25 marzo.
A posteriori è difficile immaginarsi una via rappresentativa diversa da quella che è stata per questo Macadamia nut brittle; al contempo, impossibile era figurarselo così com’è stato prima di entrare in teatro. Operazione riuscita, si direbbe. Circa un’ora e mezza di irriverenza, che a un certo punto smette d’essere tale e diventa norma.
La spettacolo è fondato sulla volontà di scagliarsi violentemente, sotto forma di invettiva, contro l’impianto solido del senso comune del pubblico in sala; non pretende di scardinarlo del tutto, si accontenterebbe di provocare anche una piccola oscillazione.
La via è la provocazione, la musica assordante, scene di splatter e di nudo, la simulazione di un grande coniglio scuoiato. Lì dove credi che ci sia il limite, i quattro protagonisti vanno oltre.
È stato interessante l’incrocio di sguardi con gli altri componenti del pubblico, o semplicemente il tentativo di osservarne le espressioni, mentre sul palco si accendeva un immaginifico bollino rosso. L’espressione scandalizzata non è stata riscontrata, perché avrebbe significato che non era stato fatto abbastanza sul palco. Lo spettacolo è coraggioso perché genera il silenzio, sintomo in qualche modo di condivisione, di comprensione soprattutto.
Macadamia nut brittle si è rifiutato di fare provocazione spicciola, per il solo gusto di farla: ne ha fatta con convinzione, contenuti e idee che disegnano quel fondo torbido di cui le recenti generazioni post-consumistiche (che il consumismo l’hanno assorbito come parte integrante per cui non è più una semplice appendice) possono vantarsi.
La polemica non è statica, non ha l’impostazione da centro sociale: per la coppia Ricci/Forti, autori della stesura testuale, il consumismo è il cuore pulsante della mercificazione degli stessi rapporti umani. Il sesso impera in qualità di perversione, venduto in pacchetti come i viaggi, smette d’essere piacere, diventa dovere: i potentissimi mezzi di comunicazione fungono da veicolo per assolvere a questo stesso dovere.
Il risultato è un’immensa e inenarrabile solitudine globale.
Gli interpreti (Anna Gualdo, Andrea Pizzalis, Giuseppe Sartori e Mario Toccafondi) sono chiamati ad una prova ardua, non fosse che per i ritmi intensi e il dinamismo fisico cui chiamano i movimenti scenici studiati da Marco Angelilli. Sono tutti e quattro molto bravi, anche se i monologhi pongono in risalto una coppia a sfavore dell’altra.
Si potrebbe contestare che, probabilmente, la vastità dei campi argomentativi trattati abbia penalizzato l’idea di organicità tra le sue parti, la quale permetterebbe allo spettatore di penetrare più nel profondo della messinscena se fosse aiutato da un filo narrativo solido che, invece, purtroppo manca. Al contrario, gli autori preferiscono arruffianarselo con citazioni pop del più infimo livello, a volte leggermente eccessive in termini numerici ma che rientrano nelle linee guida scelte preventivamente.
È un modo diverso di fare teatro, un avamposto di quello di ricerca. Molto interessante, dimostra la versatilità della programmazione annuale di Galleria Toledo.
Andrea Parré
Galleria Toledo
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