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Il direttore artistico del Teatro Civico 14, Roberto Solofria, ci racconta in un’intervista il suo incontro con Bernardina Pisa.

Roberto Solofria

 

“Quando uno dice: “chist è ‘o mio”, s’adda mettere paura. È una cosa grande assaje. Nu si’ chiù padrona ‘e te, si rice a ‘n’ato: “tu si’ dd’o mio”. Mio. Eri mio tu? Ci hai pensato mai? Che cos’è per una donna stare appresso a uno che è di tutti quanti”…

 

La nuova produzione della compagnia Mutamenti, 1647. Rivoluzione d’amore di Marilena Lucente (scrittrice pugliese, casertana d’adozione, che ha visto nascere due anni fa il Teatro Civico 14 e che segue, da allora, molto da vicino) ha impegnato le tavole del Teatro Civico 14 in questo lungo fine settimana di marzo (in scena dal 23 al 25 marzo). Tanta è stata l’attesa e forte la curiosità intorno alla messinscena e, soprattutto, il nuovo connubio Lucente – Solofria.


Roberto, come nasce il tuo rapporto con Marilena e come siete arrivati a pensare di far diventare un suo testo uno spettacolo teatrale?

Marilena mi ha conosciuto come attore e regista di alcuni spettacoli dal Macero a 78 a Concentramento e l’estate scorsa mi ha fatto leggere il diario di Bernardina Pisa, che io non conoscevo. Ovviamente conoscevo Masaniello, la rivoluzione, ma che fosse stato sposato e che soprattutto questa moglie avesse partecipato alla rivoluzione in prima linea, lo ignoravo. Questo diario straziante, suggestivo, che lei mi ha fatto leggere non per altri fini, mi ha fatto subito pensare ad una messa in scena ed ho soprattutto pensato subito ad Ilaria (Ilaria Delli Paoli, Bernardina in scena NdA). Così le ho proposto di farlo leggere anche a lei e soprattutto le ho chiesto se le andava di riscriverlo come testo da mettere, appunto, in scena. E così da diario è divenuto monologo teatrale, a cui sono stati apportati aggiunte, ritagli, ed essendo il suo primo testo teatrale ci siamo confrontati molto anche durante la creazione dello spettacolo, pur non intervenendo mai l’uno nel lavoro dell’altra. Io sono un regista che rispetta molto quello che scrive l’autore ma l’autore deve secondo me rispettare quello che poi è la messa in scena, perché credo che il regista sia poi alla fine l’autore dello spettacolo.

L’avevi immaginato così dal primo momento, o si è poi evoluto? Come sei giunto a questo risultato finale?

Inizialmente mi ero immaginato una scena diversa rispetto a questa, una tenda bianca sotto la quale Bernardina armeggiasse con delle candele (così come nella versione attuale, NdA): volevo che lei “fabbricasse” candele. Poi ho pensato ad una messa in scena più pratica, e subito mi è venuta l’idea di non usare l’ elettricità, quindi niente luci e niente musica; nel diario era menzionata la canzone Amaro è o’ bbene che non c’è nel testo ma che ho voluto riprendere, facendola cantare in sottofondo ad Ilaria. Doveva esserci poi un costume caratterizzante, molto particolare a mio avviso, ed ho subito pensato ad Ortensia de Francesco che ha letto il testo ed ha creato quest’abito (che non si riesce ad apprezzare interamente a causa della poca luce) con una metà più ricca, più regale che rappresentasse una parte di quei doni fatti a Bernardina dalla regina spagnola.

Qual è invece il significato ed il simbolismo insito in questa scenografia in ferro?

La scenografia è di Antonio Buonocore, ho voluto che mi aiutasse nella realizzazione di questa mia idea di religiosità, di una sacralità di fondo che vedo all’interno di questo testo e quindi abbiamo pensato ad una croce, una croce al di fuori di una finestra; ed ecco perchè questa croce in acciaio è posta al centro della scena delimitando e riducendo lo spazio notevolmente, costringendo I’attrice a lavorare in due metri quadrati (lo spettacolo è sviluppato molto in altezza, NdA). Volevo che Ilaria lavorasse su più piani e che questo facesse venire fuori forme “alternative” come ad esempio poteva essere: “come spegniamo tutte queste candele?” (in scena sono presenti grossi candelabri a forma cilindrica su cui sono apposte candele accese, che sono state spente facendo roteare vorticosamente i candelabri stessi, NdA).

Da spettatore si ha la sensazione che molte scene siano state “montate” come quelle di un film, è stata una tua reale volontà?

Una scena di "1647. Rivoluzione d'amore"

Io ho pensato molto al cinema quando ho montato questo spettacolo, per questo ho voluto delle inquadrature strette, luci che facessero solo primi piani, perché volevo che lo spettatore si concentrasse solo su quello e che in alcuni momenti incontrasse degli impedimenti, delle difficoltà nel vedere ciò che realmente accadeva di fronte a sé.

Quali sono invece le difficoltà che incontra l’attore nel cimentarsi in questo tipo di spettacolo che possiamo definire “storico”?

Credo che la fatica più grande per Ilaria sia stata la lingua, non è semplice, è vero siamo tutti campani ma c’è già una differenza sostanziale tra il napoletano ed il casertano, figurarsi un napoletano di 400 anni fa sicuramente diverso da quello odierno. A questo aggiungi il dover “sentire” e fare tua una storia del 1600, così lontana da noi, una storia del resto durata solo otto giorni e forse questo il motivo, secondo me, per cui non disponiamo di così tante fonti: già le notizie su Masaniello sono poche e non tutte veritiere, figurarsi quelle su Bernardina Pisa, sconosciuta a molti. Un lavoro interessante che ha compiuto l’autrice (così come lei stessa dice di aver “incontrato” per caso Bernardina Pisa e di aver trovato solo rari ritratti insieme a qualche poesia e qualche testimonianza, NdA) è stato quello di romanzare la parte finale di questo racconto con l’aggiunta di un figlio, un figlio di Masaniello mai venuto al mondo che però giustificherebbe in primis il fatto che lei a differenza del marito non fu condannata a morte, e poi il fatto di essere diventata una prostituta e morta di peste invece solo dieci anni dopo.

Consiglia Aprovidolo

 

La drammaturgia di Marilena Lucente da cui ha preso vita lo spettacolo teatrale è edita da Caracò editore (caraco.it) per la collana Teatri di carta/Espresso e acquistabile on line sul sito caraco.it/site/caraco/scheda-napoli-1647-rivoluzione-damore/

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