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Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920

Pensaci Giacomino di Pirandello all’Alfieri

Luigi Pirandello

Questa commedia di Luigi Pirandello è tutta uno sfogo di virtuosismo, di abilità letteraria, di luccichii discorsivi. I tre atti corrono su un solo binario. I personaggi sono oggetto di fotografia piuttosto che di approfondimento psicologico: sono ritratti nella loro esteriorità piú che in una intima ricreazione del loro essere morale. È questa del resto la caratteristica dell’arte di Luigi Pirandello, che coglie della vita la smorfia piú che il sorriso, il ridicolo piú che il comico: che osserva la vita con l’occhio fisico del letterato, piú che con l’occhio simpatico dell’uomo artista e la deforma per un’abitudine ironica che è l’abitudine professionale piú che visione sincera e spontanea.

I personaggi sono di una povertà interiore spaventosa in questa commedia, come del resto nelle novelle, nei romanzi e nelle altre commedie dello stesso autore. Hanno solo delle qualità pittoriche, o meglio pittoresche: un pittoresco caricaturale, con qualche velatura di melanconia, che è anch’essa smorfia fisica piú che passione. Il protagonista della commedia è un vecchio professore di storia naturale, incartapecoritosi in 34 anni d’insegnamento: un rudere d’umanità, un detrito, senza piú alcuna caratteristica d’uomo all’infuori del profilo fisico. Il movente dell’azione, l’unico che si può sorprendere, è questo: il prof. Toti, che per tanti anni ha servito lo Stato, essendone ricompensato cosí miseramente che non ha potuto crearsi una famiglia, vuole ora vendicarsi del governo. Prima di morire vuole prendere moglie, una moglie giovanissima, per lasciarle in eredità il diritto alla pensione, per far pagare al governo in tanti anni di pensione alla giovane vedova tutti quei quattrini che egli non ha potuto avere, tutti quei quattrini che a lui sono mancati sempre per poter vivere veramente, per essere uomo e non macchina d’insegnamento. Giocare al governo questo tiro birbone diventa per il prof. Toti l’unica ragione dei pochi anni di esistenza che gli rimangono. Ma siccome non è un malvagio, non vuole che la moglie soffra, e perciò le consente le piú ampie libertà; aiuta il suo sostituto nel compito maritale, lo ama come un figlio, e incurante di tutto, delle chiacchiere del paese, dei rimbrotti del direttore del ginnasio, del ridicolo di cui egli stesso è oggetto, va innanzi verso la meta. Giacomino, l’amante di sua moglie, vorrebbe sciogliersi dalla situazione in cui è impigliato; il prof. Toti si reca a casa sua, gli conduce a casa sua il figlioletto, si sbarazza di ogni intralcio, di parenti sbigottiti, di sacerdoti moralisti, e perora la causa di sua moglie e finalmente riesce a condurre Giacomino nella via del dovere, a continuare il suo compito di marito della giovane moglie dell’impiegato che vuol vendicarsi del governo senza perciò creare altre vittime.

La commedia ha avuto molto successo, Angelo Musco ha fatto della figura del prof. Toti una creazione scenica ammirevole per sincerità, per misura, per efficacia rappresentativa.

(24 marzo 1917)

Antonio Gramsci

 

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