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Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920

Angelo Musco

Angelo Musco fotografato da Mario Nunes Vais

Angelo Musco fotografato da Mario Nunes Vais

E. A Berta ha fatto tradurre per Angelo Musco, dalla lingua letteraria in dialetto siciliano, una commedia inedita. L’omaggio non è dei piú significativi, data la smania teatrale dello scrittore che lavora (!) perfino per le marionette, ma ha pure il suo valore. Angelo Musco è ormai qualcuno nella storia del teatro italiano, ed è riuscito a imporre il teatro dialettale della sua regione.

Cinquant’anni di vita unitaria sono stati in gran parte dedicati dai nostri uomini politici a creare l’apparenza di una uniformità italiana: le regioni avrebbero dovuto sparire nella nazione, i dialetti nella lingua letteraria. La Sicilia è la regione che ha piú attivamente resistito a questa manomissione della storia e della libertà. La Sicilia ha dimostrato in numerose occasioni di vivere una vita a carattere nazionale proprio, piú che regionale: quando la storia del Risorgimento e di questi ultimi sessant’anni sarà scritta per la verità e l’esattezza, piú che per il desiderio di suscitare artificialmente stati d’animo arbitrari, per la volontà di far credere che esiste ciò che solo si vorrebbe esistesse, molti episodi della storia interna appariranno sotto altra luce, e la causa della unità effettiva italiana (in quanto è necessità economica reale) se ne avvantaggerà. La verità è che la Sicilia conserva una sua indipendenza spirituale, e questa si rivela piú spontanea e forte che mai nel teatro. Esso è diventato gran parte del teatro nazionale, ha acquistato una popolarità nel settentrione come nel centro, che ne denotano la vitalità e l’aderenza a un costume diffuso e fortemente radicato. È vita, è realtà, è linguaggio che coglie tutti gli aspetti dell’attività sociale, che mette in rilievo un carattere in tutto il suo multiforme atteggiarsi, lo scolpisce drammaticamente o comicamente. Avrà un influsso notevole nel teatro letterario; servirà a sveltirlo, contribuirà, con la virtú efficace dell’esempio, a far decadere questa produzione provvisoria del non ingegno italiano, produzione di uomini togati, falsa, pretenziosa, priva di ogni brivido di ricerca, di ogni possibilità di miglioramento.

Luigi Pirandello, Nino Martoglio specialmente, hanno dato al teatro siciliano commedie che hanno un carattere di vitalità. Ma certo la fortuna è dovuta per molta parte ad Angelo Musco. Attore d’istinto, il Musco si presenta con tutte le disuguaglianze e le impulsività di un uomo ricco di vita interiore, che in ogni interpretazione erompe selvaggiamente in manifestazioni di una plasticità sorprendente. È vita ingenua, sincera, che trova nel movimento plastico l’espressione piú adeguata. Il teatro ritorna alle sue originarie scaturigini: l’attore è veramente interprete ricreatore dell’opera d’arte; questa si confonde col suo spirito, si scompone nei suoi elementi primordiali e si ricompone in una sintesi di movimenti, di danza, elementare, di atteggiamento plastico; perde della sua letteratura verbale e ritorna vita fisica, vita di espressione integrale: tutto il corpo diventa lingua, tutto il corpo parla. Certo l’essere dialettale, l’adagiarsi nelle manifestazioni umane piú vicine all’originarietà umana, dànno questo carattere specifico al teatro siciliano, dànno tutte queste possibilità espressive ad Angelo Musco. Ma è la quistione solita dell’uovo e della gallina: Musco ha il teatro che si merita solo perché se lo merita, perché lo comprende, lo rivive. E il suo merito non è sempre uguale infatti: egli ha qualche volta il torto di sforzare interpretazioni impossibili, perché il lavoro è vuoto di ogni espressività. Ma diventa grande quando l’autore dà almeno uno spunto artistico, che dia possibilità di continuazione, di integrazioni. Basta ricordare Angelo Musco in Liolà di Luigi Pirandello, una delle piú belle commedie moderne che la sguaiata critica pseudo-moraleggiante ha fatto quasi del tutto ritirare dal repertorio.

(29 marzo 1918)

Antonio Gramsci

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