Chi ha paura muore ogni giorno
Giuseppe Ayala racconta la mafia a teatro
Sono passati già vent’ anni da quando il mondo della lotta antimafia ha visto spegnersi Giovanni Falcone
e Paolo Borsellino, i simboli di questa lotta. Giuseppe Ayala ha deciso di raccontare la s
Una dolce melodia dà inizio allo spettacolo, il sipario si apre e ci troviamo davanti ad una scena essenziale, sfondo nero, gruppi di sedie e un albero di Magnolia (albero situato davanti la casa di Falcone),toria di quegli anni, la vera storia, la sua vita che per puro caso si è incrociata con quelle di Falcone e Borsellino ed insieme hanno percorso un tratto di strada che ha portato alla più grande conoscenza finora avuta della mafia, di questa subdola organizzazione verticistica.
simbolo della lotta contro la mafia che, durante il susseguirsi del racconto di Ayala, si colora di luci verdi, gialle e rosse ( luci di Pietro Sperduti ): è l’albero il protagonista indiscusso della scena.
Lo spettacolo è diviso in tre sezioni: la prima parte inizia con la proiezione delle tragiche morti dei due giudici Falcone e Borsellino ( proiezioni di Alessia Sambrini ). Da qui Ayala rievoca il suo incontro con loro, un incontro avvenuto in maniera casuale ma che li portò subito ad una grande sintonia e ad una collaborazione nella lotta antimafia. Vengono raccontati momenti privati, piccoli dettagli delle loro vite strettamente intersecate con gli eventi drammatici della storia siciliana e italiana di quegli anni. Un esempio, la foto famosissima che ritrae insieme Borsellino e Falcone scattata da Tony Gentile e che fu tagliata: «manca una parte, la parte che può parlare», come definisce Ayala.
Il racconto personale del magistrato si alterna alle notizie di cronache riportate, con perfetta dizione, dall’attrice Francesca Ceci che a volte, però, sembra rovinare il momento di intimità che si è creato tra l’oratore e il pubblico.
Evocati sono il processo Spatola e la nascita del metodo Falcone ( utilizzato ancora oggi ) secondo cui bisognava stringere legami diretti con magistrati e forze dell’ ordine dei paesi destinati ai traffici di droga: «la droga non lascia tracce, il denaro sì», era solito ripetere Falcone. Grazie a questo metodo ci furono numerosi mandati di cattura e arresti e la nascita del pool antimafia, organismo troppo scomodo all’organizzazione malavitosa, che, per bloccarlo, si è macchiata del sangue di numerose vite, come quella del generale Carlo Alberto della Chiesa.
Nella seconda parte Ayala fa rivivere lo storico Maxi Processo in cui fu pubblico ministero, iniziato il 10 febbraio
1986. Processo che fu ostacolato in primis dagli stessi magistrati. Vengono proiettati le deposizioni di due grandi boss mafiosi, Buscetta e Pippo Calò ( detto “il papa” ) . La sentenza diede un duro colpo a Cosa Nostra: 19 ergastoli e 2665 condanne di carcere. Dopo il Maxi Processo tutto cambia, si fa un passo in dietro: la mafia si ricostruisce più forte di prima e gli attentati del 23 maggio e 14 luglio 1992 a Falcone e Borsellino ne sono la conseguenza.
Nella terza parte, infine, Ayala affronta la grande eredità lasciata da Falcone e Borsellino che non sta nella loro morte, ma nella loro vita: essi sono degli “Esempi” e conclude: «lo Stato decise di fermare se stesso perché la mafia ce l’ha dentro».
Ayala è un perfetto oratore che racconta questi avvenimenti con grande eleganza e compostezza e con quell’ accento siciliano che fa trasparire da ogni singola parola una viva umanità; sono parole dettate dal cuore, parole di chi ha vissuto sulla propria pelle quegli anni, parole di chi ha dato tutto se stesso, insieme a Falcone e Borsellino, nella lotta contro la mafia. E se tutt’ oggi continuiamo a parlare di mafia è perché essa è legata alle forze politiche. Il magistrato immagina una partita di calcio tra Stato e Mafia, una partita truccata in cui alcuni giocatori hanno invertito le magliette.
Nel finale anche Ayala lascia il suo messaggio a Falcone sull’ albero di Magnolia come, da molti anni a questa parte, ragazzi, turisti, anziani fanno per dare testimonianza che Falcone e Borsellino non erano soli, non sono soli in questa lotta. «E chissà se da lassù li leggano? » è la speranza che il magistrato dichiara al pubblico.
È uno spettacolo che colpisce al cuore e lascia i segni delle ferite anche dopo la chiusura del sipario. È la storia della Sicilia, è la storia di tutti noi.
Carmela Pugliese
Teatro Bellini
Via Conte di Ruvo, 14 – Napoli
Tel 081 549 12 66