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Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920

Virgilio Talli

Virgilio Talli è forse il piú acuto critico letterario che oggi esista in Italia. Non credo che le librerie vendano suoi volumi di saggi, il suo nome probabilmente non apparirà mai nelle storie dell’estetica o della letteratura, ma ciò poco importa. Probabilmente ancora, se il Talli dovesse stendere in iscritto il suo giudizio su un lavoro teatrale, questo giudizio sarebbe banale, generico, privo di vita e zeppo di frasi fatte. L’energia critica del Talli si rivela e si esaurisce nell’àmbito della compagnia drammatica di cui è direttore: i suoi saggi sono le interpretazioni che la compagnia crea dei drammi e delle commedie, la sua specifica opera è diventata spontaneità, naturalezza negli attori, adesione del gesto, della musica vocale con l’intimo spirito dei personaggi rappresentati. La personalità del Talli viene cosí a sparire nell’insieme, è difficilmente rintracciabile. L’attività sua di rivelatore, di maestro, diventa vita degli altri, dei discepoli. Talli ha fatto rivivere, con mirabile precisione, le famiglie artistiche del quattrocento, in cui c’erano il maestro e i discenti, e il maestro svolgeva l’opera sua pedagogica, educativa in un fitto lavoro di collaborazione umanistica, dalla quale scaturí l’infinito mondo di bellezza del Rinascimento. Questi maestri sono spesso nulla fuori della loro scuola, della tradizione che creano e sviluppano: la loro natura non è tanto di creatori individuali quanto di educatori e rivelatori. La loro grandezza e perfezione è nei discenti, i quali rapidamente assurgono alla completezza, perché il maestro ha loro risparmiato ogni dispersione di energia in tentativi arbitrari, in esperienze inutili. La scuola è per lo spirito ciò che il metodo Taylor è per i gesti meccanici del corpo: economia di esperienza e di fatiche, acceleramento dell’evoluzione spontanea, organizzazione dell’intelletto. Talli svolge la sua attività nelle prove: lavoro di miniatura, raffinato e sottile sforzo di elaborazione paziente. Il dramma si frantuma nei suoi elementi primordiali: le parole, i movimenti. Ma in ognuno di questi elementi continua a vivere l’intiero dramma. E l’analisi minuziosa incomincia. Il dramma viene esaminato, pesato, studiato, in ogni piú sottile nervatura, in ogni fibrilla di tessuto. Talli è l’orafo che trae dal metallo il suo timbro riposto, ne intuisce il valore effettivo, e lo sgrana in collane e monili di infinito pregio. La sua fantasia, dall’intuizione rapida dominatrice, padroneggia tutta l’azione, e la rivive per i suoi discepoli. Ogni personaggio acquista una individualità distinta, ogni parola diventa sintesi di uno stato d’animo distinto. Talli ripete la parola, la amplifica, la pone in relazione col discorso interiore sottaciuto di cui è conseguenza: essa perde cosí ogni valore meccanico, di pura sonorità, diventa interiorità, vita spirituale, si colora di tutta una personalità, di tutta un’anima, scocca dalla gola, dalle labbra come una necessità fatale, si comprende come debba essere quella e non un’altra, accompagnata da quel gesto e non da un altro, modulata con quei toni e non con altri. E l’unità spirituale dell’individuo diventa unità spirituale della scena. Tutto vive: l’ambiente dev’essere cosí e non altrimenti, perché anche la esteriore parvenza delle cose si riflette sugli uomini e ne determina sfumature di atteggiamento che non bisogna trascurare. La parola del Talli è suggestiva in modo irresistibile. In un romanzo di Rudyard Kipling c’è quest’episodio: un mago della volontà vuol provare l’intimo metallo dell’anima di un giovanetto e lo sottopone a un esperimento di illusione. Il giovanetto deve scagliare una brocca piena di acqua: la brocca va in frantumi innumerevoli, l’acqua si versa. Eppure, sotto l’influsso della volontà dominatrice, il giovanetto vede lentamente questi frantumi ritornare al loro posto, saldarsi fra loro: l’acqua versata sparisce e nella fantasia l’immagine della brocca rifiorisce dal nulla, nella sua interezza primitiva. Cosí Talli sminuzza e ricrea i drammi per i suoi attori, li analizza e sembra distruggerli; ma nella sapiente analisi la sintesi è potenziale e si afferma nelle prime rappresentazioni, dinanzi al pubblico che applaude e non pensa neppure all’artefice maggiore, al maestro che ha raccolto in un fascio le singole energie e le ha rivelate a loro stesse.

(14 maggio 1918)

Antonio Gramsci

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