Giulio Baffi: zona d’osservazione per Roberto De Simone
Nuova “zona d’osservazione” del critico Giulio Baffi che, in esclusiva per QuartaParete, riflette sul genio di Roberto De Simone e sul riconoscimento proposto di “maestro emerito del San Carlo”.
Da tempo affermo in ogni occasione possibile che non riusciremo mai a saldare il debito di riconoscenza che la mia generazione (soltanto la mia?) ha con Roberto De Simone. Il Maestro. È questa una premessa necessaria per capire perché è giusto ed opportuno aderire all’appello che Ruggero Cappuccio ha lanciato dalla pagine del Mattino. Appello ripreso da Riccardo Muti ed accolto con attenzione dal sindaco De Magistris che, ha dichiarato, porterà nel prossimo CdA della Fondazione Teatro San Carlo la proposta già sottoscritta da molti. Ed anche da me.
Cosa propone Cappuccio? Che a Roberto De Simone sia dato il titolo di “maestro emerito del San Carlo”, riconoscimento di una vita laboriosa e di un talento straordinario che nessuno potrebbe legittimamente mettere in discussione.
Conosco Roberto De Simone da una quarantina di anni e il mio affetto per lui è enorme, pari alla mia stima. Grato gli sono per le ore in cui abbiamo parlato, io ad ascoltare lui a dirmi cose che mi hanno aiutato nella vita e nel lavoro. Ma grato gli sono per tutto quello che nella sua vita ha costruito, per i suoi studi, per quello che ha scritto, per l’attenzione che sempre ha avuto per giovani artisti da incoraggiare e formare, per gli spettacoli che ha saputo creare. Primo fra tutti quel meraviglioso “La Gatta Cenerentola” che è indiscutibilmente uno degli spettacoli più importanti del novecento. Spettacolo “spartiacque” della produzione teatrale italiana.
“La Gatta Cenerentola”, è bene ricordarlo anche ai giovani artisti che non hanno avuto la fortuna di poterlo vedere, ha reso possibile e comprensibile la legittimità di una nuova scrittura fatta di differenti provenienze messe insieme per una nuova armonia dell’architettura teatrale. Emozione che non si cancella.
Ma non si è certo fermata qui la gran vena di Roberto De Simone, le sue regie e le sue creazioni sono tantissime. Chi ha avuto il piacere di assistere alla recente esecuzione del “Requiem per Pier Paolo Pasolini” al San Carlo si sarà reso conto della straordinaria complessità e modernità di questa creazione, che si trasforma in emozione e riflessione per le coscienze.
Vogliamo ricordare il lavoro svolto da Roberto De Simone nei vari segmenti della sua attività? I libri che ha scritto? Le ricerche che ha compiuto, e non soltanto nei vari settori della musica e dello spettacolo, ma spingendosi in profondità nell’universo culturale popolare campano? Vogliamo ricordare gli insegnamenti che ha dato? Il suo estenuante lavoro svolto assumendo prestigiosi incarichi pubblici, come quelli di Direttore artistico del San Carlo e di Presidente del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella. Incarichi “ufficiali” di grande responsabilità, onorati con sapienza e fantasia.
Quello che non mi è piaciuto in alcune dichiarazioni che ho letto in questi giorni è stato il sostenere che questo riconoscimento gli sia dovuto perché le “istituzioni” sono state avare con lui. Quasi un risarcimento quindi, e non semplicemente ed assolutamente il sacrosanto riconoscimento del suo lavoro geniale e della sua generosità creativa che lo fa “anche” ambasciatore della cultura di questa città a volte superficiale e distratta.
Non per lavarsi la coscienza bisognerà premiare Roberto De Simone, ma per dirgli, ancora e con forza, che gli siamo grati per il suo lavoro e per il suo talento, e perché che ne ha regalato tanta parte, senza chiederci in cambio nulla. E per essere ancora la severa coscienza di tanta nostra debolezza. Impegnandoci in suo nome ad essere meno distratti verso il lavoro di tutti quelli che fanno di questa città un riferimento culturale internazionale. Perché si sentano, e con forza, parte viva ed esempio di un pensiero che non si ferma nelle difficoltà e nella distratta superficialità quotidiana.
Giulio Baffi