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Il capolavoro pucciniano riacquista una luce nuova nell’originale e coraggiosa rivisitazione di Francesco Saponaro.

Il Teatro San Carlo di Napoli dischiude coraggiosamente le sue secolari porte alla periferia e così, almeno per una volta, non si è costretti a discorrere solo di sontuosi allestimenti o di esorbitanti cachet ma di un progetto senza alcun dubbio serio e importante che, soprattutto dopo aver assistito alla messa in scena de La Bohème a Vigliena per la regia di Francesco Saponaro, ci sentiamo di poter segnalare per ambizione, originalità e merito.

Sono appunto i Laboratori Vigliena, gli ex stabilimenti della Cirio riconvertiti a deposito/laboratori artistici del Teatro San Carlo, ad ospitare in questi giorni un’altra Bohème, pervicacemente diversa da quella “ortodossa” che attualmente sta calcando le scene del Massimo di Napoli. La rappresentazione è frutto di un progetto cui il San Carlo ha dato vita nei laboratori artistici inaugurati a novembre proprio col preciso intento di aprirsi maggiormente al territorio, coinvolgendo direttamente i cittadini mediante un’esperienza artistica al contempo informativa e formativa. Il progetto, infatti, si è sviluppato in due fasi distinte: la prima, ha inteso avvicinare direttamente all’opera classica la cittadinanza – soprattutto le più giovani generazioni – attraverso l’intermediazione di istituti d’istruzione secondaria, parrocchie e associazioni operanti sul territorio di Napoli Est, mediante incontri con esperti e musicologi del Teatro San Carlo; la seconda fase, invece, ha riguardato la formazione di ventitré giovani, scelti mediante un bando pubblico, finalizzata «alla creazione dei personaggi e del tessuto sociale che anima teatralmente l’intera architettura della Bohème a Vigliena».

Come viene spiegato nel progetto, si è scelto di rappresentare La Bohème in quanto le principali tematiche in essa affrontate, quali l’amore, l’amicizia, la malattia, le difficoltà economiche e la ribellione nei confronti di uno stile di vita codificato e ingabbiato imposto dalla società, consentono un maggiore processo di identificazione con i protagonisti: «La società viene percepita – secondo le stesse parole delle responsabili del progetto Giulia Minoli e Filomena Piccolo – come un’oppressione per il bohèmien: essa avvilisce la fantasia, la volontà, l’immaginazione, inghiottisce e oblia ogni scintilla nella superficialità e nel vuoto; il risultato è un atteggiamento ribelle che si pone in sistematica opposizione ad ogni valore e costume del buon senso, unico modo per ritrovare una forma di libertà. L’opera insegna ad essere liberi nell’arte».

Ed è in ragione di questo preciso intendimento che in scena sono presenti sia i ragazzi del laboratorio di formazione scenica tenuto dal regista Francesco Saponaro che ricostruiscono il quartiere di San Giovanni con i suoi colori e la sua vivacità, sia i giovani cantanti provenienti da varie e importanti esperienze professionali grazie alla collaborazione e alla sinergia venutasi a creare con il conservatorio di San Pietro a Majella. Il risultato è uno spettacolo originale, dinamico e coinvolgente, la cui bellezza stilistica e scenografica è stata accresciuta da una regia “visionaria” che ha saputo sfruttare sapientemente spazi e luoghi di grande suggestione visiva ma di certo poco convenzionali per il teatro lirico.

L’impianto classico della Bohème è stato declinato in chiave metropolitana, ambientando la vicenda nella periferia Est di una Napoli degli anni Ottanta, visibilmente lacerata dalla conflittualità sociale e urbanistica del dopo terremoto. Lo spazio scenico, architettonicamente allestito con oggetti di evidente richiamo al mondo industriale, si sviluppa su due piani attraverso i quali gli spettatori sono condotti quasi per mano dagli stessi attori in scena. Questa è la novità più interessante della rappresentazione, la totale commistione tra pubblico e artisti, in una con-fusione tra forma e contenuto, materia e spirito che fa sì che la recitazione si sottragga, come spiega bene il regista, «alla convenzione dei gesti di grande enfasi per concentrarsi sulla drammaticità degli sguardi, dei piani d’ascolto, sulle piccole azioni del quotidiano […]».

Altro indubbio punto di forza è dato proprio dalla viva partecipazione degli attori che, con la carica espressiva propria del dialetto napoletano, sembrano costituire una sorta di plurale “io narrante” che accompagna lo spettatore lungo il dipanarsi dell’intera vicenda racchiusa nei quattro atti.

Un plauso speciale va rivolto a tutti i giovani cantanti, meritevoli di aver dato prova di grande maturità espressiva in situazioni a volte non proprio favorevoli ad una corretta emissione vocale, data la particolarità dell’ambientazione soggetta a non sempre felici soluzioni sonore. Rodolfo, interpretato da Giuseppe Talamo, si è distinto per il fraseggio leggero e raffinato, soprattutto nella tessitura alta delle arie più note; Mimì, una giovanissima e bella Elena Somma, si è imposta per equilibrio, grazia, profondità e sicurezza d’intonazione; una convincente Yuki Sunami ha dato vita ad una Musetta, esteticamente ispirata alla Little Peach di Enzo Moscato, dalle generose e prorompenti sonorità. Bene tutte le altri voci maschili: i baritoni Felice Tennariello (Marcello) e Antonio Braccolino (Schaunard) e, in particolar modo, il basso Marco Innamorati, un Colline dalla timbrica incisiva e dal corposo impasto vocale che ha toccato emotivamente le vette più alte durante l’esecuzione dell’aria “Vecchia zimarra”. La realizzazione dell’intera architettura musicale, infine, è stata affidata alle indubbie qualità concertistiche della pianista francese Céline Berenguer.

Il coraggio profuso nella realizzazione di questo innovativo “esperimento” artistico è stato ampiamente premiato dalla reazione quanto mai entusiastica del pubblico, in specie di quello più giovane, e siamo certi che l’onda d’urto di questo successo continuerà a propagarsi anche per le future messe in scena.

Si è ancora in tempo sino a domenica 3 giugno.

Armando Mascolo

 

 

Laboratori Artistici di Vigliena del Teatro di San Carlo

Stradone Vigliena, 23 – San Giovanni a Teduccio (Napoli)

Acquisti e prenotazioni: 081 7972331 – 412

http://www.teatrosancarlo.it

 

 

“La Bohème a Vigliena”
da “La Bohème” di Giacomo Puccini

 

adattamento e regia: Francesco Saponaro
maestro concertatore: Céline Berenguer
scene e costumi: Lino Fiorito
luci: Pasquale Mari
spazio sonoro: Daghi Rondanini
aiuto regia: Simone Petrella
assistente scenografo: Carmine Guarino
assistente costumista: Francesca Apostolico
oggetti di scena: Marcella Mosca

 

Protagonisiti

Mimì: Elena Somma
Rodolfo: Giuseppe Talamo
Musetta: Yuki Sunami
Marcello: Felice Tenneriello
Schaunard: Antonio Braccolino
Colline: Marco Innamorati

 

Partecipanti al Laboratorio “La Bohème a Vigliena”:

Gaetano Amore, Anna Argano, Valeria Ariota, Ilaria Arra, Andea Avagliano, Gaetano Cacace, Emilia Falcone, Giuseppe Gison, Arianna La Mura, Marianna Anita Laudano,Barbara Lombardi, Francesca Marotta, Giovanni Merano,Barbara Mercurio, Vincenzo Orlando, Salvatore Presutto, Ivano Russo, Mariarosaria Teatro, Immacolata Tezzi, Melania Toralbo, Elisabetta Visco, Renato Zagari.

 

 

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