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Cronache teatrali dall’«Avanti!»,  1916-1920

L’industria teatrale

Riceviamo dal sig. Giovanni Chiarella: «Mi rivolgo alla lealtà di V. S. per rettificare le varie inesattezze contenute nell’articolo Industria teatrale apparso nel suo giornale il 28 corrente. Il male informato articolista vorrebbe asserire che la nostra ditta ha danneggiato lo sviluppo artistico teatrale di Torino escludendo o limitando la presentazione delle buone compagnie.

«Orbene: dall’ottobre 1916 a oggi ecco i nomi delle compagnie che agirono nei nostri teatri: compagnie di prosa: Tina di Lorenzo e Armando Falconi – Lyda Borelli e Ugo Piperno – Emma Gramatica – Ermete Novelli – Talli, Melato, Betrone, Gandusio – Ruggero Ruggeri – Alfredo De Sanctis – Dina Galli e Amerigo Guasti – Carini, Gentilli, Baghetti, Dondini – Sichel e soci – Sainati – Tempesti – Musco. Tina Bondi. Compagnie di operetta: Lombardo n. 1 – Città di Milano Lombardo n. 2 – Maresca – Vannutelli.

«Sono dunque 14 compagnie di prosa e 5 di operetta. Totale 19 primarie compagnie. Quasi tutte quelle che la guerra lasciò in piedi si sono avvicendate nei nostri teatri nello spazio di nove mesi. Si chiama questo tagliar fuori una città dal movimento teatrale?

«Agli spettacoli dati da compagnie costituite devonsi aggiungere le stagioni liriche e dal settembre scorso nei nostri teatri si rappresentarono piú che decorosamente 21 opere.

«Non parlo delle varie conferenze, concerti e compagnie francesi. Di fronte a questo importante svolgersi di spettacoli primari, che può essere sempre documentato, l’articolista male informato si scaglia contro di noi perché ci siamo permessi in giugno di far agire al Politeama Chiarella, Fregoli e Cuttica, e al Carignano Gabrielli e non sapendo o non ricordando vorrebbe accusarci di aver ridotto Torino a città tagliata fuori dal movimento teatrale, ridotta, dice, a ospitare soltanto due o tre buone compagnie. Coi dati di fatto, facile è stata la nostra smentita, e alla taccia di affaristi risponderemo affermando senza tema di smentita, che in nessuna città di primo ordine come a Torino i prezzi rimasero modesti. Ed è notorio che i nostri teatri sono aperti costantemente e del tutto gratuitamente a tutte le opere di beneficenza.

«E per rispondere ancora a un’inesattezza, diremo che in nessuna città come a Torino la requisizione ha infierito sui teatri, poiché senza il municipale teatro Regio tre teatri di imprese private furono occupati dall’autorità militare e cioè il Balbo, il Vittorio Emanuele e il Torinese.

«Confidando nell’imparzialità della S. V. per la pubblicazione della presente, ossequi».

 

Il signor Chiarella fa sfilare i nomi delle compagnie primarie che sono passate nei suoi teatri dall’ottobre 1916 al giugno 1917, e la coroncina dei nomi sembrerebbe dargli ragione. Se egli avesse incluso per i suoi calcoli gli ultimi due anni, avrebbe ancor di piú avuto ragione. Ma noi non volevamo fare il processo della attività industriale della ditta Chiarella sua vita natural durante. Volevamo constatare una tendenza che si è manifestata in questa attività nel 1917, si è acutizzata nel trimestre aprile-giugno, e temiamo voglia diventare definitiva sistemazione d’affari. La preoccupazione ha una legittima ragione d’essere. A Torino c’è molta gente che frequenta i pubblici spettacoli. Constatiamo il fatto, senza tentare di darne una qualsiasi spiegazione. Questa sempre maggior affluenza di pubblico agli spettacoli ha fatto fiorire in modo indecoroso i ritrovi di infimo ordine. La ditta Chiarella, che ha il monopolio dei teatri torinesi, contribuisce a questo abbassamento di livello del gusto generale. Si nota la tendenza, nel criterio degli affari della ditta, di sfruttare questa mania del varietà, invece di indirizzarla a forme superiori di spettacoli. Dall’aprile al giugno, i teatri dei Chiarella hanno ospitato una sola compagnia di prosa per una stagione ordinaria, ed è, neppure a farlo apposta, la compagnia di Sichel, che dà spettacoli dello stesso livello degli spettacoli di varietà. Nel mese di aprile ci sono state anche altre compagnie, ma per recite straordinarie: Musco, 5 giorni, Talli-Melato, 15 giorni, Novelli, 5 giorni. In questo trimestre i teatri torinesi hanno accolto in prevalenza varietà e operette: due mesi della compagnia Maresca, recite della compagnia Lombardo, Città di Milano e Parigi, poi Petrolini all’Alfieri, cinematografo all’Alfieri, Zambi allo Scribe, Gabrielli al Carignano, Fregoli e Cuttica al Chiarella. Nei due mesi di maggio e giugno, solo 10 recite di una compagnia di prosa rispettabile, se non primaria, la compagnia di Tina Bondi.

Il signor Chiarella dice che lo abbiamo tacciato di affarista. Egli è semplicemente un uomo d’affari, che trova nel monopolio il metodo piú sicuro di raggiungere i suoi fini. Gli affari in regime di monopolio, si deformano fatalmente, cosí come si sono deformati quelli della sua industria teatrale. Il monopolio è portato persino a distruggere dei valori economici, e fa sviluppare delle forme contorte e dannose di speculazione: dannose, s’intende, per la collettività, non per il capitalista, e per questo non dannose solo immediatamente. Il trust del consorzio teatrale ha già escluso dai teatri di Torino Ermete Zacconi; ora anche Emma Gramatica è caduta in ostracismo. Per esso le compagnie di prosa si vanno lentamente disgregando, perché, se vogliono vivere e lavorare, devono passare sotto le forche caudine dei patti, delle ingerenze, dei repertori, che il consorzio impone. Il teatro ha una grande importanza sociale: noi ci preoccupiamo della degenerazione di cui è minacciato per opera degli industriali, e vorremmo reagire, per quanto ci è possibile, a essa. C’è un gran pubblico che vuole andare a teatro: l’industria lo sta lentamente abituando a preferire lo spettacolo inferiore, indecoroso, a quello che rappresenta una necessità buona dello spirito.

Dato questo nostro atteggiamento, preghiamo il signor Chiarella di credere che non vogliamo affatto contribuire a spingere alla requisizione dei suoi locali. Ci pare che sia la sua ditta stessa a offrire l’occasione di una misura del genere. Il Balbo, il Torino, il Vittorio furono requisiti appunto perché da un pezzo non si aprivano piú a spettacoli teatrali degni del nome. Il teatro Vittorio, gestito dai Chiarella, si chiuse il 23 ottobre dopo una stagione teatrale del circo equestre Bisini e fino al giorno della requisizione si aprí solo a lunghissimi intervalli per qualche spettacolo lirico secondario. È questo il pericolo dell’industria monopolizzata: essa fa affari, anche svalorizzandosi in un certo mercato, anche distruggendo i suoi valori: se ne rifà in altri mercati, senza preoccuparsi del disordine che crea, delle tendenze morbose che determina. E non c’è modo di farlo con mezzi economici. Saremmo lieti se a qualcosa servisse la protesta dei giornali. Che se poi il trust Chiarella desidera che si parli delle concessioni fatte per gli spettacoli di beneficenza noi non avremmo alcuna difficoltà: solo che il discorso sarebbe lungo e… pericoloso!

(4 luglio 1917)

Antonio Gramsci

 

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