Carlo Cerciello scrive a Luca De Fusco
Il regista indirizza una lettera aperta al direttore del Teatro Stabile di Napoli, Napoli Teatro Festival e Fondazione Campania dei Festival ponendo importanti interrogativi sulla realtà del teatro pubblico napoletano.
Egregio direttore,
le scrivo questa mia seconda lettera aperta, certo che, anche stavolta, mi ignorerà, ma in qualità di contribuente e di “artigiano” teatrale italiano indipendente provvisto di trentennale curriculum lavorativo, ci riprovo con ostinazione, avendo diritto, come cittadino, non come suddito, a delle risposte da parte di un funzionario dello stato, quale ella è.
Lei sa, che non condivido, politicamente, eticamente, socialmente e artisticamente, nulla della sua gestione, al punto di aver trascorso un intero inverno in assemblea al PAN, insieme ad altri colleghi, per motivarle tecnicamente e politicamente, con dati di fatto, quanto le contesto.
Che lei sia un uomo di potere, imposto dal potere, non ci piove, lo dimostrano, fin dall’inizio, le tecniche utilizzate per il suo insediamento, nell’ambito del regolamento dei conti, dello “spoils system” casareccio e clientelare, che ha “insanguinato” la cultura e la creatività di questa città, nel clima di demolizione culturale ed etica, che il suo potere politico di riferimento e di raccomandazione, ha praticato per oltre 20 anni in questo Paese. Come uomo di potere, lei adopera le identiche strategie di chi lo ha raccomandato e non potrebbe fare altrimenti, visto che di quel potere è totalmente organico.
In questo, lei non è, però, molto diverso dalla media dei direttori dei Teatri Stabili italiani, tutti sponsorizzati dalla politica, tranne che per il suo misterioso curriculum “artistico” e per un conflitto di interessi che farebbe arrossire persino il suo leader di riferimento.
La strategia da lei messa in atto, consiste nel provocare e poi chiamare attacchi, le reazioni alle sue provocazioni, nonché nell’ostentare un’assoluta indifferenza all’emergenza culturale ed economica che attanaglia i lavoratori campani dell’intero settore spettacolo e i cittadini italiani tutti.
Lei fa, del Teatro Pubblico, dei Fondi Europei destinati al Sottosviluppo, della Fondazione Campania dei Festival, del Napoli Teatro Festival, persino dell’ex Forum delle Culture, un uso, a dir poco, monopolistico, clientelare e plutocratico, ma non contento, ostenta, pubblicamente, tutto ciò.
Con la sfrontatezza tipica di chi detiene il potere assoluto e che, essendo imposto dall’alto, si sente in una botte di ferro, lei sbandiera il suo contratto quinquennale ignorando, spudoratamente, le clausole ministeriali che la vincolerebbero alla sola carica di direttore del Mercadante. Ma non le basta.
Persevera, infatti, nell’ignorare il disposto dello Statuto del Teatro Stabile, un teatro pubblico che lei continua a governare come fosse Versailles e, lei stesso, una sorta di Luigi XIV.
Più volte il sindaco De Magistris, per “decenza”, l’ha invitata a lasciare una delle 3 cariche da lei assunte e lei per tutta risposta che fa? Minaccia.
“Il Comune, piuttosto, paghi i suoi debiti verso il Mercadante” “Resto fino al 2016, il sindaco si rassegni”, dimenticando che il Mercadante è il Teatro della sua città, non un suo feudo privato.
Lei entra ed esce a suo piacimento dal suo ruolo di funzionario statale, per assumere quello di “artista” “di” e “del” potere, che, in quanto tale, può permettersi di spendere per un suo spettacolo, quanto tutte le imprese del settore napoletano messe insieme, fregandosene altamente dei tagli alla Legge dello Spettacolo, della disoccupazione e della crisi economica del nostro Paese.
Lei è, lo voglia o no, il tipico rappresentante della cattive pratiche di quel burocratese teatrale, che ha deciso di affossare il senso stesso della pratica culturale in questo Paese, uniformandola ad un pensiero unico volgare e oligarchico, per cui, le lotte, non si illuda, non sono fatte alla sua persona, sarebbe come sparare sulla ex Croce Rossa, vista l’antipatia che lei stesso alimenta, ad ogni sua sortita sui giornali, fingendo pure di meravigliarsene.
Mi creda, non basta elargire qualche elemosina ai teatranti e autodefinirsi nei documenti ufficiali della Fondazione uno dei tre maggiori esponenti del teatro mondiale, per essere stimato.
E’ nel perfetto stile liberista, accaparrare tutto il possibile, ma le chiedo, da “umano” ad “androide”, come fa ad organizzare tre stagioni teatrali, fare regie, provare spettacoli, amministrare, confrontarsi con le Istituzioni, girare il mondo per monitorare teatro e costruire un Festival Internazionale?
Le pare deontologicamente corretto:
– ostentare la sua ricchezza e il suo potere, in un momento tanto doloroso di crisi del lavoro e dell’economia?
– impiegare tante risorse economiche pubbliche per ogni suo “sfizio”, mentre dovrebbe gravare su lei il peso morale, in qualità di dirigente, del mancato pagamento di centinaia di lavoratori ed imprese dello spettacolo, dipendenti dal Festival in cui lei opera ai massimi vertici e dispone delle risorse economiche?
– le pare corretto, continuare a parlare di responsabilità dei suoi predecessori in loro assenza, di aver dimezzato le spese e riqualificato un Festival, senza uno straccio di prova di quanto afferma? Perché non invita ad un confronto pubblico sul Festival i suoi predecessori? Cosa intende per riqualificazione di un Festival e perché prima di lei era squalificato?
– qual è la differenza tra il suo concetto di pubblico, cioè appartenente alla comunità e di privato, cioè appartenente al singolo?
– qual è il suo progetto culturale per il “teatro pubblico”, il progetto che ispira, cioè, la programmazione delle tre Sale Pubbliche da lei dirette, il Teatro Stabile Mercadante, il San Ferdinando e il Ridotto e in cosa si differenzia da quello di un qualsiasi “teatro privato”?
– qual è la sua politica pubblica dei prezzi, visto che lei ha affermato, che “bisogna tornare a pagare il biglietto”?
– che intende quando afferma che occorre tornare a fare il teatro per la borghesia? Ritiene come funzionario dello Stato, operante in una struttura pubblica, che il “teatro” debba essere appannaggio di una sola “classe” sociale, se pure fosse possibile, oggi, tale distinzione?
– perché lei ha affermato “che è necessario spendere tanti soldi per fare, ogni tanto, uno spettacolo importante, per vincere lo “scudetto”? lei, dunque, assimila un arte rituale e immaginifica come il teatro, alle logiche speculative del mercato calcistico?
– ci può esplicitare il “supercurriculum” che le ha consentito di diventare, contemporaneamente, direttore artistico del Teatro Mercadante, direttore artistico del Napoli Teatro Festival e direttore artistico della Fondazione Campania dei Festival ?
– quali sono le regole pubbliche e trasparenti di accesso alla programmazione, ad esempio, del Napoli Teatro Festival?
Infine, Luca, anche stavolta passo al tu, rinominandoti per dirti qualcosa da “cuginetto”, come amavi definirmi, prima di questa specie di delirio di onnipotenza.
Non ho nulla contro di te sul piano personale, ma tu devi renderti conto che non sei più un privato cittadino, che sei diventato il simbolo agghiacciante di una mala politica, di un clientelismo, di un conflitto di interessi e di una costante demolizione culturale del teatro in questa città, senza precedenti.
Se ho rinunciato al mio legittimo diritto di presentare progetti nell’ambito del Festival o dello Stabile, l’ho fatto perché credo che il destino lavorativo di un essere umano, debba dipendere da regole pubbliche trasparenti, da leggi trasparenti e uguali per tutti, da una valutazione del merito reale, non dal potere, dalle convenienze e dai capricci di un solo uomo e delle sue i “comari” politiche.
Lo Stabile non è tuo, il Napoli Teatro Festival non è tuo, la Fondazione Campania dei Festival non è tua, non sono i tuoi giocattoli, ma strutture pubbliche, sovvenzionate con i quattrini dei contribuenti e se nessuno te lo dice per servilismo, io tutto questo te l’ho gridato in faccia e te lo griderò ancora.
Sei ancora in tempo per ravvederti, per rimediare, per cambiare, per non lasciare dietro di te, quando sarai andato via, soltanto le macerie fumanti dell’ennesimo “saccheggio”.
Pensaci.
Carlo Cerciello
E’ talmente chiara e spietata l’analisi di Carlo che, per il momento, non posso fare altro che sottoscriverla, per i contenuti condivisibili e soprattutto per quel “pensaci” in chiusura, che, come uno strego di Macbeth ribadisco anch’io. Spero di così di innescare una potente eco che si espanderà a turbare gli inquieti sonni, da ora, del possessivo superoligarca. Pensaci
Roberto Scappin
quotidiana.com