Gramsci, cronache teatrali: “Il fantoccio” di Cantoni-Gibertini al Balbo
Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920
Il fantoccio di Cantoni-Gibertini al Balbo
Nell’ascoltare la commedia Il fantoccio di Osvaldo Cantoni-Gibertini, si pone irresistibilmente questo problema, che nasce dall’intimità piú preziosa della commedia stessa.
Poiché il protagonista, signor Mario Stella, è un superuomo, che soffre della malattia propria dei superuomini, il discentramento scheletrico tra l’io-superuomo e l’io-fantoccio di legno, e poiché Osvaldo Cantoni-Gibertini, se può rappresentare nella pienezza della sua superumanità un superuomo, è da supporsi partecipi della sublimazione geniale e soffra quindi anch’egli di discentramento tra i due «io» – quale dei due «io» di Osvaldo Cantoni-Gibertini ha trovato la sua espressione in questa commedia?
L’«io» di legno non stagionato, che a primavera urge l’involucro umano, o l’«io» superuomo?
Il problema, che irresistibilmente si è imposto, si è, per questa sua irresistibilità, risolto automaticamente; la commedia è espressione di legnosità non maturata piú di quanto sia espressione di genialità superumana; Osvaldo Cantoni-Gibertini è un genio foderato di una pesantissima cappa da filisteo.
Egli ha ridotto in cifra matematica il giudizio del buon senso comune che in ogni uomo c’è un fantoccio; ha materializzato la metafora, ha costituito intorno a essa un intrigo qualsiasi e ha affogato in una nube di trivialità bambagiosa il qualche tratto originale che era risultato casualmente dal giuoco della macchina inventata.
Manca al Cantoni-Gibertini proprio quel gusto letterario che è indispensabile per nascondere l’automatismo legnoso sotto l’apparenza umana; il gusto della semplicità e della misura; gli manca specialmente l’equilibrio dell’inventore che non balla la danza indiana intorno al suo ordigno, gridando: come è bello! come è bello! quale grande inventore di ordigni io sono!
Il Cantoni-Gibertini insomma ha messo troppo del suo io-fantoccio nella commedia e pochina pochina della sua umanità; ha elaborato un «penso», non ha scritto un’opera letteraria.
(4 agosto 1920)
Antonio Gramsci