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Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920

Les fiancés de Rosalie di Monezy e Dauwillans al Carignano

Come avvenne che un seminarista, mentre si trova sul punto di pronunziare i voti sacerdotali e diventare un umile servo di Dio, sia richiamato sotto le armi e mandato in trincea invece che in sanità, si addimostri uomo di fegato, cada nelle tentazioni della carne e prenda moglie.

La trama di questa farsa in tre atti, rappresentata dalla compagnia Sichel, non abbonda di finezze, né d’intreccio, né di sentimento, come tutte le farse. Prenderla sul serio sarebbe troppo ingenuo. Si propone di sollazzare piacevolmente, prospettando dei bozzetti cui la grande guerra che incombe non dà neppure l’ombra di una tragicità qualsiasi. Rosalia, la baionetta sanguinosa, diventa un eufemismo, senza traccia dell’acre ironia che vi possono mettere i soldati che ne sono i fidanzati. Il soldato ridiventa il solito tipo che Cuttica ha popolarizzato: cafone sempliciotto, che parla e opera per far ridere anche se non è piú il cappellone dei tempi di pace. La trama sentimentale del seminarista che si innamora e con l’aiuto delle circostanze sempre propizie, come si conviene all’eroe, riesce a pronunziare i voti terreni di marito esemplare, serve a collegare l’insieme ma non dà un’unità essenziale all’azione. Sichel, Rossi, Lotti, la Zucchini con la loro varia interpretazione, sempre piacevole e senza essere eccezionale, sono tuttavia riusciti a tenere l’attenzione sveglia e suscitare dei sorrisi benevoli e persino qualche risatella senza conseguenze. Perché non sarà certamente la guerra che farà diventare piú seriamente raccolti gli scrittori e tantomeno il pubblico.

(6 settembre 1916)

Antonio Gramsci

 

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