Gramsci, cronache teatrali: “Lift” di Armont e Gerbidon
Cronache teatrali dall’«Avanti!», 1916-1920
Lift di Armont e Gerbidon al Carignano
In Lift, commedia sessuale-sentimentale di Armont e Gerbidon, troviamo un personaggio quasi originale: l’etairogogo, il professore di belle maniere per le cortigiane geniali, che si propongono la conquista di una brillante posizione sociale. Il professore non ha nulla di socratico, cosí come le sue discenti non hanno nulla da spartire con Aspasia; la galanteria, nei tre atti moderni, è posta bensí come funzione sociale, ma il motivo non supera l’espressione plateale delle comuni pochades, ed è anzi sviluppato con poca disinvoltura e molta prolissità. Rimane irriducibile una forza comica che gli autori non hanno saputo elaborare artisticamente, soggettivandola: essi hanno intravisto un mondo di comicità, ma esso è rimasto inerte, puramente intenzionale.
La cocotte che percorre il curricolo della gloria sociale è, in fondo, una povera figliuola nata in una novella romantica, con aspirazioni piccolo-borghesi per il matrimonio, il talamo familiare e la bianca culla in cui strilla e sgambetta un roseo pargoletto. Il suo ascendere verso la gloria è dovuto a volontà estranee, alle suggestioni del professore; se queste volontà, se queste suggestioni fossero state, dagli autori, viste come dinamismo autonomo di una donna moderna, che solo nella galanteria può trovare la libertà negatale dal costume per l’estrinsecazione delle sue energie sociali buone, avremmo avuto una commedia del costume ricca di contenuto morale, cioè una opera d’arte e non una sceneggiatura commerciale. Gli autori non hanno saputo o non hanno osato: è piú facile e piú gradito al pubblico il lieve colpo di spillo, la burletta superficiale, la caricatura bonaria che non urta troppo di petto la convenzionale moralità e anzi solletica lo scetticismo pelle pelle.
Lift sale dal quartierino povero fino al pranzo ministeriale, all’amicizia di una Eccellenza, al salotto politico in cui si decidono le sorti di uno Stato e magari di un regime, ma è ascensione «alpinistica», non episodio umano di «volere è potere», determinato socialmente dal confluire necessario di tutte le forze agenti della vita contemporanea.
(11 settembre 1918)
Antonio Gramsci