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Una cartolina dal 1956 firmata Antonello Cossia, in scena al Sancarluccio fino a stasera, per un racconto di sport che è racconto di vita.

Antonello Cossia

Antonello Cossia

Aprite le finestre ai nuovi sogni, alle speranze, all’illusione…

Ci vuole del buon teatro per convincere la gente ad uscire di casa ed andare a teatro e a ritornarci; c’è tanta buona prosa in giro per Napoli, eppure c’è tanta poca gente ad ascoltarla. Il Sancarluccio è un accogliente luogo nel cuore di una delle zone migliori della città, eppure ieri sera c’erano solo sei persone in sala.
A fronte alta è un esempio di buon teatro, una cartolina in bianco e nero firmata Antonello Cossia (spazio scenico di Raffaele di Florio, musica originale di Riccardo Veno, costumi di Stefania Virguti, still e video editor di Francesco Albano), che conduce lo spettatore in un viaggio nel tempo e nello spazio portandoci sino all’anno 1956, da un paese del sud Italia a Melbourne, insieme alla squadra olimpionica di pugilato.
Unico attore in scena, Cossia riesce a ricreare l’atmosfera degli anni ’50 con pochi elementi scenici ma tante foto e tanti ricordi: è l’Italia del dopoguerra, l’Italia da ricostruire, l’Italia di Gronchi, di Danilo Dolci e Rocco Scotellaro, del naufragio dell’Andrea Doria, del disastro minerario di Marcinelle, della rivolta d’Ungheria e del caso Chruščëv, ma anche di Elvis e Sanremo. E la ricostruzione di quegli anni avviene attraverso gli occhi di un giovane poco più che ventenne, che, guidato dai sogni e dalla tenacia, passa dalle impalcature di un paese del Sud ai ring delle olimpiadi, primo pugile napoletano a parteciparvi.
È il racconto di un uomo semplice che a suo modo, con le mani e i guantoni, ha lavorato per ricostruire e risollevare l’Italia donandole il sogno di una vittoria contro il pugile più forte del momento, Vladimir Safranov. La storia del protagonista si dipana in maniera affascinante ed incalzante e la sensazione per chi ascolta è di ritrovarsi a confronto, corpo a corpo, con la povertà di quegli anni, corpo a corpo con la storia, corpo a corpo con Vladimir Safranov nell’unico incontro che il micidiale pugile russo, in quelle olimpiadi che lo porteranno all’oro, vinse per pochi punti e non per ko.
Agostino Cossia, che i giornali all’epoca erroneamente chiamavano Agatino, «il giovane ragazzo del sud che nel suo paese fa il muratore» come lo ricorda infastidito Safranov in un’intervista, si ritrova a confrontarsi nel suo primo ed unico incontro olimpionico con il più forte, ad inseguire un sogno senza paura, con la voglia di combattere, a fronte alta.
E come Agostino sono tanti gli attori che salgono su un palco a fronte alta, a combattere corpo a corpo con l’apatia delle persone, con le difficoltà economiche e un sistema difficile da stravolgere, ma con la voglia di raccontare, tramandare e farlo bene affinchè una storia possa lasciare un segno. O comunque provare a farlo.
Antonello Cossia poeticamente ci riesce.

Irene Bonadies

Teatro Sancarluccio
Via San Pasquale a Chiaia, 49 –  Napoli
contatti: 081.40 50 00 – www.teatrosancarluccio.com
In scena fino a domenica 3 febbraio ore 18: 30
Costo biglietto: da 10 a 15 euro

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