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Il lavoro in versi di Luigi Credendino dipinge la realtà dello spaccio e il mondo a cui appartiene. In scena fino al 7 e poi dal 12 al 14 aprile.

 

‘Ncopp’a ‘stu munno | ce stanno mille munni
e mille munni ancora ce so’ stati.
Munni ca pareno diversi uno cu ‘n’ato
e munni sempre ‘o stesso | maie cagnati.
‘Ncopp’a ‘stu munno | ce stanno mille munni
ca se fanno guerra uno cu ‘n’ato
e mentre uno va annanzo | ‘nu munno rest’areto.
Pecché ‘ncaopp’a ‘sta terra | ‘a ca munno è munno,
ce so’ sempe stati | munno e terzo munno!

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Munno e Terzo Munno è la prima opera teatrale scritta da Luigi Credendino – già attore nella compagnia Virus Teatrali – per la regia di Giovanni Meola, in scena fino al 7 e poi ancora dal 12 al 14 aprile al Piccolo Bellini.

Il lavoro ha il pregio di ridisegnare, in modo molto efficace e immediato, uno spaccato di una giornata qualunque in una qualunque piazza di spaccio, come ne esistono tante sul nostro territorio. Tore e i suoi “collaboratori” vendono droghe leggere, solo fumo ed erba; sono cani sciolti senza alcuna protezione e svolgono diligentemente il loro lavoro senza sosta tutto il giorno tutti i giorni, intenti a soddisfare le insistenti e continue richieste dei loro clienti, sempre in allerta e pronti a scappare al minimo richiamo del palo. I loro clienti sono tanti e tutti uguali, arrivano ogni giorno a frotte e hanno tutti la stessa urgente necessità, hanno tutti lo stesso viso che la droga maschera e cancella, capace com’è di schiacciare, sotto i suoi effetti, ogni identità in un magma indistinto: c’è il cliente fisso, il disoccupato che non ha soldi, il vecchio amico e persino lo studente figlio di papà che con educazione e compostezza richiede la sua dose, suscitando così l’ironico stupore dei giovani collaboratori di Tore.

È un lavoro, il loro, che non conosce quasi pause, il tempo sembra scorrere lentamente e in modo sempre uguale, non si distingue il giorno dalla notte, tutto appare ricoperto dalla spessa coltre della noia e dell’apatia. Tore e i suoi ragazzi lavorano per necessità, per guadagnare. A sentirli parlare sembra quasi che sia un lavoro normale; a guardarli si ha come la sensazione di osservare operai in una catena di montaggio: operazioni ripetute meccanicamente, sguardo fisso e pochi momenti di svago. Il mondo li ha abbandonati, e a loro è rimasto solo il Terzo mondo.

Tore conosce perfettamente questo mondo, conosce i suoi tempi e le sue regole, i suoi limiti e la sua grettezza così come conosce la droga che vende e sa che è meglio una piantina coltivata da sé a quella roba sintetica. È l’unico ad essere realmente immerso in questo mondo ma forse anche il più distante da esso, l’operaio specializzato che sa svolgere sapientemente il suo lavoro ma che al contempo coltiva il ricordo di un mondo “normale”.

L’opera di Luigi Credendino è un testo in versi sciolti scritto interamente in napoletano, l’unica “lingua” che il terzo mondo riconosca. Il ritmo serrato dettato dalle rime e dalle assonanze sottolinea la meccanicità dei gesti, così come l’allitterazione dei suoni si riflette nelle ripetitività delle azioni. Ne risulta una struttura narrativa efficace ed incalzante e a tratti sembra quasi che un velo di delicata liricità ricopra lo squallore, la miseria e la brutalità della vicenda. Gli attori in scena – Luigi Credendino, Mario Faticato,  Daniele Matascioli, Vito Pace, Alessandro Palladino – tutti giovani già diretti da Giovanni Meola in precedenti lavori, danno mirabile prova della loro bravura nella realistica interpretazione dei personaggi, nei movimenti perfettamente accordati tra di loro, mettendo così in risalto l’originale ritmo del testo nonché l’accurato lavoro di regia.

 Irene Bonadies

 

 

Teatro Bellini

Via Conte di Ruvo, 14 – Napoli

Contatti: 081 549 12 66 – botteghino@teatrobellini.it

www.teatrobellini.it

Orari: Venerdì e Sabato ore 21:30 – Domenica ore 18:00

Biglietti: intero 15€, ridotto 10€, studenti 8€.

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