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Va in scena a Sala Ichos il nuovo testo scritto e diretto da Salvatore Mattiello dal titolo Mio corpo: mia dimora mia letto d’ospedale mia cassa.

DSCF5281È ambientato all’interno di un bagno turco, tra uomini e donne coperti solo da una asciugamano, il nuovo testo scritto e diretto da Salvatore Mattiello e in scena a Sala Ichos (a San Giovanni a Teduccio) ancora il prossimo fine settimana (da venerdì 19 a domenica 21).

L’idea di mio corpo: mia dimora mia letto d’ospedale mia cassa, questo il titolo dello spettacolo, nasce dalla lettura di due recensioni (rispettivamente di Pasolini e Barthes) di due libri a cui l’autore si è ispirato: Un po’ di febbre di Sandro Penna e Tricks di Renaud Camus e nelle intenzioni si pone – come dichiara espressamente il regista –  quale «un excursus virtuoso nei territori del vizio o anche, e meglio forse, e di certo più eccitante, un  excursus vizioso nei territori della virtù».

Narratori della realtà di cui si fanno portavoce attraverso un accentuato ricorso alla descrittività, senza che dunque nulla sia lasciato alla immaginazione, sia Camus che Penna, infatti, attraverso i loro lavori, sono espressione di una poetica fortemente legata al tema dell’amore omosessuale; in particolare Tricks (termine usato per indicare amori seriali consumati con persone sconosciute) ha rappresentato un libro culto degli anni Settanta e Mattielli, nel metterlo in parte in scena ha inteso rappresentare non tanto l’aspetto legato alla sessualità, quanto «la capacità, l’innocenza, il garbo con cui egli (ndr: Camus) incontra l’Altro… di prendersi e di nutrirsi di quello che trova… senza mettere in atto alcuna Perversione la quale è (come recita il testo) “praticare nell’altro e con l’altro un desiderio che si era pensato in solitudine… attuare per così dire un peccato prescritto che prescinde dall’Altro… e che ne usa solo il corpo».

È dunque il corpo a diventare il perno intorno al quale tutto far ruotare; a porsi quale strumento attraversi cui raccontare una realtà –  quella del piacere, del desiderio – attinta dalla letteratura e trasformata per farne messinscena teatrale. Usando il corpo degli attori per dare consistenza a parole tumultuose, esplicite che raccontano di incontri, inquietudini, debolezze. Spronandoli ad assumersi tutta la responsabilità della verità del Teatro – come si legge nelle note di regia e che qui parafrasiamo– di cui l’attore è sintesi: del resto «se così non fosse Attore non sarebbe anagramma di Teatro!»

 

DSCF5297Ispirata a Penna la parte finale del lavoro, in cui il regista ha inteso, partendo da una immagine propria di una poesia dell’autore perugino (nel pisciatoio un buco lascia intravedere l’altro “cittadino” / non vorrei ma guardo la solita povera cosa / … un mozzicone di sigaro annega nell’orina…), costruire un monologo «dentro cui – dichiara –  ho messo pezzi di vita personali… temi a me molto cari come quelli del Lavoro … perché un tempo i luoghi di lavoro erano luoghi di costruzioni di coscienze politiche sindacali culturali… ora il lavoro prende tutto il nostro tempo e tutte le nostre energie e come se non bastasse si deve anche ringraziare Dio e il Padrone di avercelo… mentre una classe di lavoratori e più ancora di disoccupati, licenziati, precari silenziosamente affoga» e all’interno del quale chi scrive rintraccia un legame con il resto della messinscena perché sono sempre l’“Altro” e la ricerca dell’ “Altro” ad essere messi al centro, seppure sotto forme più sociali e politiche.

 

Costruito con una sequenza di quadri – in cui l’aspetto fisico è molto marcato –  in cui si alternano monologhi e dialoghi interpretati con disinvoltura dagli attori in scena (Antonella Abys, Rosalia Cuciniello, Giorgia Dell’Aversano, Fabio Formisano, Francesco De Gennaro,  Giuseppe Giannelli, Rossella Sabatini, Simone Sannino), intramezzati dagli interventi di due narratori esterni che costituiscono fisicamente il ponte con gli autori e i libri a cui il testo si richiama, lo spettacolo si avvale di una scenografia (a cura di Ciro Di Matteo, Gino Protano, Peppe Zinno) che realisticamente riporta all’interno di una sauna e su un disegno luci (ad opera degli stessi Di Matteo e Protano insieme a Mattiello) che enfatizza i corpi nudi conferendo all’atmosfera una intimità che ben si sposa con la tematica affrontata.

Innegabilmente corposo il bagaglio di riflessioni da cui Mattielli è partito, lasciandosi attraversare dai già citati Camus e Penna, da Pasolini e Barthes ma anche da Brecht, e interessante in sé il percorso che, a partire dai progetti  precedenti dello stesso regista, “Doppio Ruccello” e “Noi e Brecht”, si è inteso condurre con forte e dichiarata volontà di rintracciare e perseguire una coerenza in tutto, eppure di non facile lettura risulta ciò allo spettatore nel momento finale della rappresentazione. Troppo labili ed ermetici appaiono infatti gli appigli forniti perché ci si possa districare con consapevolezza tra interessanti input lanciati e riflessioni che si vorrebbero condividere.

Il risultato che se ne ottiene, pertanto, è di disorientamento per chi osserva, lasciato con domande per le cui risposte è necessaria una spiegazione aggiuntiva, come se il testo non fosse sufficiente a spiegarsi nella sua interezza, a farsi comprendere ed apprezzare.

Ileana Bonadies

 

 

 

Sala Ichos

via Principe di Sannicandro 32/A, San Giovanni a  Teduccio (Na)

Tel. 335 765 25 24 – 081 27 59 45

Orari: da venerdì a sabato alle 21; domenica alle 19.

Repliche fino a domenica 21 aprile

 

 

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