Tra genio e mediocrità, al suono di un piano
“Il soccombente” di Bernhard, tra i capolavori letterari del Novecento, arriva al teatro Nuovo, interpretato da Herlitzka e diretto da Baldi.
Una amicizia nutrita e distrutta dalla musica. Quella di un pianoforte suonato da un genio.
Il soccombente, ovvero il mistero Glenn Gould di Thomas Bernhard è in scena al Teatro Nuovo (fino a domenica 21 aprile) per la regia di Nadia Baldi nella riduzione teatrale curata da Ruggero Cappuccio, e vede protagonista Roberto Herlitzka, nei panni dell’Io narrante – verosimilmente il riflesso dello stesso Bernhard – affiancato da Marina Sorrenti il cui ruolo sembra fungere da ponte con il testo letterario, ma anche da immagine del pensare laborioso del protagonista nel ricostruire i ricordi.
È infatti proprio un flusso di ricordi quello di cui si fa narratore Herlitzka, in un lungo e ininterrotto monologo che ne evidenzia il valore indiscusso di grande attore, ripercorrendo il fittizio rapporto amicale che nacque, negli anni Cinquanta, tra il pianista di origini canadese, Gould, e suoi due colleghi di studio, poi divenuti amici, presso il Mozarteum di Salisburgo. Guidati dal maestro Horowitz, Wertheimer e l’io narrante, insieme a Gould, devono seguire un corso di perfezionamento pianistico, ma nell’ascoltare l’esecuzione delle Variazioni Goldberg di Bach ad opera del compagno, ne intuiscono la genialità unica e inavvicinabile, e scelgono, sentendosi inadeguati a tale virtuosa bravura, di abbandonare la scuola. Per entrambi sarà l’inizio di un lento declino che li allontanerà innanzitutto dal loro strumento (l’uno lo venderà all’asta, mentre l’altro lo cederà alla figlia di un maestro di musica), per poi portarli ad un progressivo isolamento che in particolare per Wertheimer, il “soccombente”, si tradurrà in suicidio.
Costretti a fare i conti, nel confronto, con i propri limiti, e il disagio e l’infelicità che essi comportano, mostrano senza filtri la loro complessa natura e personalità, e così se di Wertheimer emerge l’invidia e la debolezza propria del suo carattere, è la capacità di autocritica, la resistenza alla mediocrità, la volontà di analisi per sconfiggere l’inquietudine che si evidenzia, invece, nel narratore.
Non a caso sarà lui a sopravvivere ad entrambi dopo che anche Gould sarà colpito da ictus, e sarà lui a voler cercare di capire, dare un senso, ai comportamenti dei sui due amici: l’uno schiacciato dal risentimento e dall’incapacità di controllare la propria esistenza e per questo incline a sacrificare anche la vita di chi gli è accanto come sua sorella, costretta a restare reclusa in casa, senza frequentare alcuno e il cui matrimonio con un facoltoso svizzero punirà andandosi ad ammazzare a pochi metri dalla sua nuova abitazione; l’altro dal legame inscindibile con il suo pianoforte, di cui si avverte non elemento distaccato, ma essenza intrinseca, senza che altro possa esistere e intromettersi tra loro e, di conseguenza, vittima, allo stesso modo del collega, proprio per tale approccio, di una solitudine e autodisciplina esasperata che lo fa rifuggire da tutti – l’umanità intera – per l’imperfezione che vi rinviene.
Ambientato dalla regista in una sorta di scatola nera, dove ogni riferimento temporale e spaziale è annullato, in cui è solo la voce e il corpo del narratore a occupare la scena mentre le sue riflessioni, le sue analisi trovano consistenza in appunti fugaci segnati sulle neri parete di lavagna da lui stesso trascritti, o tracciati dal braccio virtuale della mente, lo spettacolo sembra prendere vita tutto di un fiato; come se, raccolta l’aria, gli attori si immergessero nella storia e la percorressero senza interruzioni, travolti da ciò che è stato già vissuto e che ora ritorna ad esistere con la stessa veemenza e lo stesso trasporto emotivo; alla stessa maniera ne restano coinvolti gli spettatori che li osservano, impossibilitati a distaccare gli occhi e le orecchie dalle vicende che vengono loro narrate prima che anche l’ultima voce si taccia chiusa nell’abbraccio (mortale?) dei ricordi.
Suggestive le soluzioni videografiche a cura di Davide Scognamiglio e il disegno luci della stessa Baldi che enfatizzano l’atmosfera in perenne bilico tra vita e morte, suono e silenzio, genio e soccombenza.
Ileana Bonadies
Teatro Nuovo
Via Montecalvario, 16 – Napoli
Tel. botteghino: 081 497 62 67
info@nuovoteatronuovo.it – botteghino@teatronuovonapoli.it
In scena sino a domenica 21 aprile
Inizio delle rappresentazioni ore 21 (feriali), ore 18.30 (domenica)
Costo biglietti da 14 a 25€
Ridotto under 25/universitari under 30: 10€ (mart – merc – giov); 18€ platea o 14€ galleria (ven -sab – dom)