Quando la storia è poetica
Va in scena al Sancarluccio una narrazione delle vicende di Maddalena Cerasuolo, partigiana napoletana eroina delle Quattro giornate di Napoli.
Strano è il percorso della memoria. Straniante quando constati di poterti trovare di fronte alla personificazione di storie che fino ad ora si conoscevano come semplici fatti di cronaca storica. E capire, poi, che invece sono molto di più.
Il coraggio naturale di una ragazza, da cui, in quanto donna, nessuno avrebbe preteso la Resistenza; diventata poi espressione del coraggio di una città intera. Questa, più o meno, la risultante della visione di Lenuccia – Una partigiana del sud, spettacolo andato in scena al teatro Sancarluccio, scritto e diretto da Aniello Mallardo.
Può sembrare poco, invece non lo è, poiché la cifra caratteristica della messa in scena è la verosimiglianza che non trascura il pathos. La capacità dell’autore va riconosciuta nell’aver saputo tenere insieme la sfera intima della protagonista con la sequenza degli eventi che hanno caratterizzato le Quattro Giornate di Napoli.
E’ riuscito ad inserirli nel testo senza pedanteria, ma con fedeltà. Quindi è chiaro che l’aspetto strettamente riguardante l’eroismo di Maddalena Cerasuolo, il naturale senso di libertà che l’ha resa simbolo dell’antifascismo napoletano, non è scisso da quello divulgativo. Lenuccia è uno spettacolo commovente e poetico per chi sia già a conoscenza dei fatti, ma anche impregnato di utili informazioni per chi ne sia sprovvisto.
Forse cercata dall’autore (e se non è cercata, funziona) è l’apparente contrapposizione di registro recitativo dei due protagonisti, animata da un rigore e una seriosità esecutiva quasi solenne da parte di Maddalena Stornaiuolo, Lenuccia, e dalla levità di Luigi Credendino, raffinato interprete di diversi ruoli.
E’ una contraddizione che, se in principio può apparire difficile da digerire, nel corso della messa in scena assume una sua sostanza, costituendo un tratto distintivo interessante per l’identità dello spettacolo. Da riconoscere indubbiamente la capacità visionaria di Mallardo, che con elementi di scena ridottissimi (poco più di tre sedie), porta lo spettatore ad immaginare, realisticamente, tanti luoghi diversi.
L’augurio è che Lenuccia si affini ancor di più nel corso delle prossime repliche in giro per l’Italia, e che soprattutto diventi uno spettacolo canonico da portare nelle scuole, da mostrare ai ragazzi e non solo, perché la Resistenza, specie quella napoletana, non divenga mai argomento periferico dei libri di storia.
Andrea Parré