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Stasera alle 21, a piazza San Domenico Maggiore, “Le cronache di Sangshuping”. Ingresso libero.

 

coriglianoÈ proprio il caso di dirlo: la Cina è vicina, più di quanto immaginiamo. E Napoli in particolare ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la cultura cinese. Sono passati infatti quasi trecento anni dalla fondazione del Collegio dei cinesi ad opera del sacerdote secolare Matteo Ripa, primo istituto di studi sinologici d’Europa. Oggi il Collegio è un’Ateneo, L’università degli Studi di Napoli Orientale che, come il nome suggerisce, rappresenta uno dei più importanti centri di studio orientalistici d’Italia e d’Europa.

Da nove anni, in questo istituto, la docente di Lingua e letteratura cinese Maria Cristina Pisciotta cura un laboratorio teatrale, in cui gli studenti, dopo aver tradotto un’opera inedita del teatro cinese, sono chiamati anche a metterla in scena con l’aiuto di un regista professionista, Lorenzo Montanini. Oggi, questa IX edizione del laboratorio teatrale di Lingua e Letteratura cinese porta in scena lo spettacolo Le cronache di Sangshuping di Zhu Xiaping, Chen Zidu e Yang Jian. L’opera, rappresentata per la prima volta a Pechino nel 1988 dalla Compagnia dell’Accademia d’Arte Drammatica, per la regia di Xu Xiaozhong, dipinge la condizione femminile dei villaggi rurali della Cina degli anni ’80, attraverso le storie degli abitanti del villaggio di Sangshuping. Lo spettacolo dei ragazzi dell’Orientale vede, oltre alla regia del già citato Lorenzo Montanini, le bellissime scenografie di Francesco Felaco.

Per chi volesse vedere lo spettacolo, l’appuntamento è per oggi (domenica 30 giugno) alle 21, presso palazzo Corigliano, una delle sedi dell’Ateneo, sito a piazza San Domenico Maggiore. L’ingresso è libero.

 

Il nostro giornale ha intervistato la curatrice del progetto, la professoressa Maria Cristina Pisciotta, e il regista Lorenzo Montanini.

 

Professoressa Pisciotta, come nasce questo progetto?

Prof. Pisciotta: Il progetto nasce nove anni fa con lo scopo di approfondire lo studio della lingua e della letteratura cinese, ma con modalità assolutamente nuove, più dinamiche e partecipative, fuori dagli schemi classici della didattica universitaria.

 

Come vengono scelti i testi?

Prof. Pisciotta: Prediligiamo testi di autori famosi contemporanei cinesi, stando attenti anche alla loro capacità di fruizione per un pubblico diverso.

 

Lorenzo Montanini, dal punto di vista registico, quali sono le “unicità” di un lavoro come questo, dove gli attori non sono professionisti, i testi hanno comunque uno scopo didattico e sono a te fruibili sono nella loro versione tradotta?

Penso che la sfida di un lavoro del genere sia proprio questa, nel senso che non ci possiamo affidare ad una comunicazione esclusivamente basata sulla lingua. Il testo ci interessa per capire qual è la storia e quali sono gli elementi fondamentali. Una volta trovati, questi saranno il filo guida per la messinscena.

L’altro elemento fondamentale è ovviamente il gruppo dei ragazzi. Un anno prima, guardando il testo insieme alla professoressa Pisciotta, mi faccio un’idea su come potrebbe essere la rappresentazione, ma al dettaglio ci arrivo piano, attraverso un percorso che mi porta a  conoscere gli attori, le loro caratteristiche e la loro fisicità.

Inoltre, tenendo presente lo scopo didattico di questa operazione, ciò che mi preme è appunto mostrare ai ragazzi l’altro aspetto della creatività artistica. Da studenti, studiano arte e letteratura, ma le opere le conoscono a processo creativo terminato. Credo –e la professoressa Pisciotta come me- che sia importante conoscere e affrontare questo processo.

 

Come ti approcci al testo?

Con l’aiuto dei ragazzi e della professoressa Pisciotta, cerco di capire il testo in profondità e spesso tendo a decontestualizzarli, senza però snaturarli, cercando di capire qual è l’essenza vera dei testi.

 

Hai mai pensato di portare fuori dall’università uno di questi testi?

È tanto che ci penso. Il problema è che testi così impegnativi, così sconosciuti, richiedono una produzione abbastanza costosa.

 

Cosa riesce a dare uno spettacolo come questo, orientale, ad un pubblico occidentale?

Il rischio che corriamo sempre è quello di trovare esclusivamente somiglianze e differenze. Noi cerchiamo di fare un passo in più, per dare più spessore all’operazione. È una sfida interpretativa che facciamo ogni anno. È più interessante, dal nostro punto di vista, il confronto tra le culture, il parallelo.

 

 

Valerio Corvino

 

 

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