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Dalla solitudine alla vendetta con ironia: Gea Martire protagonista di una storia che induce a riflettere ma col sorriso.

1395957_648862218486884_37743296_nOgni trasformazione nel fisico e nel modo di pensare, ogni passaggio da una condizione di vita ad un’altra totalmente diversa, necessita di una costante e crescente consapevolezza della propria situazione, della volontà, dopo lenta maturazione, di stravolgere ciò che è stato finora, e, infine, della convinzione che sia la nuova strada intrapresa quella giusta.

Mulignane, tratto da un racconto di Francesca Prisco e portato in scena, dopo il debutto di ieri, ancora stasera e domani al Nuovo Teatro Sanità da Gea Martire diretta da Antonio Capuano, è la storia, per l’appunto, di una metamorfosi: quella di una donna.

Zitella, trascurata nel vestire, succube di una madre invadente, insicura, la protagonista vive una quotidianità povera di stimoli, amicizie, bellezza, amore. E l’ineluttabilità di una tale realtà sempre a tal punto certa, che il tempo lascia che scorra senza agire su di esso, accontentandosi, trascinandosi attraverso compleanni sempre più tristi e inseguendo sogni all’infinito rimandati.

L’attenzione da parte di un uomo, la sua presenza fisica in grado di provare di non essere più trasparente almeno agli occhi di una persona, appaiono – secondo gli stereotipi più radicati e al contempo miopi e dannosi – l’unica soluzione possibile per fermare la monotona e asfittica routine che conduce al baratro, ed ecco allora che la prima occasione determinata dal caso diviene quella fatale. Ma non certo quella ideale. Violenza, lividi, pratiche di sottomissione diventano, infatti, le nuove brutture di cui si riempie la vita della donna e poco importa se lasciano solchi profondi nell’animo così come nel corpo, azzerando ogni sperato gesto di romanticismo o semplicemente cura: forse è così che si esplica l’amore, che si curano i dolori, che si riempiono i silenzi, che si (soprav)vive.
O forse no.
È a questo punto, pertanto, che l’inizio del cambiamento comincia a farsi strada. Che una nuova immagine di sé si acquista; che una nuova, inaspettata forza si palesa avviando la trasformazione. Da incudine a martello. Da pietra grezza a diamante.

Pretesto per portare l’attenzione su un tema che, purtroppo, non smette mai di essere attuale e causa di irreparabili dolori, Mulignane potrebbe essere classificato, banalmente, come uno spettacolo sulla violenza procurata alle donne nell’ambito di contesti familiari, ad opera, cioè, di insospettabili mariti e compagni. Eppure, nonostante il nucleo centrale sia rappresentato esattamente da ciò, non è ad una tale semplificazione che la messinscena può essere sottoposta. Il registro da cui infatti Capuano decide di attingere nel trasporre il racconto in rappresentazione teatrale, è quello della comicità, dell’ironia amara che racconta la verità pur mitigandola tramite un sorriso, una battuta. E l’effetto che se ne ottiene è di “banalizzare” il problema nel suo, però, significato più edificante: ovvero, renderlo intellegibile da parte di tutti – o, in questo caso, meglio dire di tutte – senza che sovrastrutture legate all’istruzione, all’estrazione sociale, alla conoscenza, siano necessarie affinché il messaggio di riscatto e rinascita giunga dritto al cuore di chi osserva; sia che rappresenti un testimone diretto di una tale realtà, sia che ne raffiguri un contrastatore, impegnato alla risoluzione della problematica o alla sensibilizzazione, intorno ad essa, di un numero sempre maggiore di  persone.
Determinante, nel compiere questa operazione, l’ottima interpretazione che Gea Martire regala al suo personaggio. Perfettamente a suo agio nel ruolo chiamato a ricoprire (nonostante l’imbarazzo che alcune scene o parti del monologo avrebbero potuto suscitare), tratteggia la donna a cui dà voce con equilibrio e controllo di ogni sfumatura, sia drammatica che ironica, senza mai eccedere oltre il necessario, mai lasciare che il ritmo – fondamentale in un monologo – subisca cali di intensità, e regalando, soprattutto nella prima parte, una immagine diversa anche di sé come attrice, capace di modulare toni differenti di voci, di assumere sembianze comiche con disinvoltura, di vestire il silenzio con la sola mimica facciale.

 

Ileana Bonadies
(Foto Carmine Luino – Rosaria Piscopo)

Nuovo Teatro Sanita’
Piazzetta San Vincenzo 1, rione Sanità, Napoli
Info e prenotazioni: info@nuovoteatrosanita.it – 339 666 64 26
http://www.nuovoteatrosanita.it/
Orari: sabato ore 21 – domenica ore 18

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