“Tentata Memoria”: quando il teatro è riscatto civico
Ieri nell’ambito della rassegna Tan Off in pochi a ricordare la vicenda di Mimmo Beneventano, il giovane medico lucano ucciso dalla camorra per aver sfidato l’abuso edilizio nell’area vesuviana.
Com’è difficile ricordare laddove mancano incontro e condivisione. Ma il teatro sempre viene in soccorso alla memoria e con l’orazione civile di Ammendola e Laieta il teatro non è mai stato più condiscendente, disposto a scendere a patti con la vita reale e le esigenze esistenziali. Condiscendente perché Eduardo Ammendola, sebbene dotato di carisma e teatralità naturali, non è un attore ma un medico, uno psichiatra infantile e perché lo spettacolo, sebbene riuscito, non è proprio uno spettacolo ma una tentata memoria, il tentativo di ricordare, di riappropriarsi di un percorso di vita concluso di colpo trent’anni fa, quando il protagonista di quel percorso, Mimmo Beneventano, medico e consigliere circoscrizionale del PC di Ottaviano, fu assassinato per ordine di Raffaele Cutolo. Quell’anno nasceva proprio ad Ottaviano Eduardo Ammendola e, come lui stesso ci racconta, da quel momento le loro esperienze esistenziali, quella del medico morto e quella del futuro medico vivo, si toccano continuamente forse per caso o per opera del destino. Tentando di ricordare un fatto che come singolo non poteva ricordare ma che era rimasto a segnare i luoghi della sua infanzia, Eduardo Ammendola mette insieme frammenti di vissuto, articoli di giornale, immagini video, servizi televisivi con l’aiuto di Luigi Mosca, Chiarastella Panaccione, Gabriella Galbiati e il sostegno della Fondazione Beneventano e si lancia in una preghiera laica alla memoria di un cittadino del sud.
È bravo Nicola Laieta a cucire addosso alla persona di Ammendola tutto il teatro che gli riesce ma avrebbe potuto spendersi meno perché in un operazione come questa il teatro forse deve farsi più trasparente, per lasciare spazio alla persona, alle parole sincere, all’esigenza di ripercorrere, di ricordare, di raccontare in maniera più intima eppure impersonale perché è “un fatto” di Ottaviano, un fatto che appartiene alla memoria collettiva.
Viene da chiedersi, però, notando la poca affluenza in sala, quanto questi fatti brutti che succedono a Napoli, in Campania, al Sud siano davvero condivisibili ed esportabili. Ammendola ironizza raccontando la tragedia della sua “emigrazione” da Ottaviano a Somma Vesuviana proprio per sottolineare la distanza emotiva, quasi lo straniamento che si può avere passando da un piccolo comune del sud ad un altro, per la ricchezza umana e antropologica che li caratterizza ma anche per la sospettosa diffidenza verso il prossimo che nasce dal familismo tipico del sud. È una distanza che dice dell’incapacità di senso civico, incapacità che ha condotto alle aberrazione dell’inquinamento di vaste aree della Campania come sappiamo, al dilagare della camorra, a quelle etichette di comodo che confinano e isolano un luogo come Scampia alla sua storia come a un destino scritto sulle pagine di cronaca.
Ieri sera Scampia e il suo teatro hanno offerto invece ancora una volta un segnale di riscatto civico, il desiderio di un incontro, il senso di una presenza attiva che però non sono stati ac-colti dai cittadini dei quartieri del Vomero, del centro storico, di Chiaia. A Napoli, in un’unica città il sud si moltiplica per dieci, per cento e per mille senza trovare strade che lo tengano insieme. E così un rito civile come quello di ieri che nasce da una forte esigenza esistenziale in un teatro che ha un forte significato politico (nel senso ampio del termine) e culturale resta disertato a favore magari di una partita di calcio o di uno spettacolo di cassetta portato in auge da un grande nome dello star sistem televisivo. Mentre il nome di Mimmo Beneventano, un cittadino del sud, originario della lucania che è andato a morire ad Ottaviano per difenderne il territorio, per sostenere un sud che non era il suo, titola strade e scuole ma non riempie il teatro, non si presta a diventare memoria veramente collettiva e rito civico. Ecco perché questa memoria è tentata, ecco perché diventa soltanto un tentativo di memoria. Proprio per questo, insieme all’emozione che suscita la determinazione e il calore di Eduardo Ammendola verso il suo “collega”, l’amarezza di un altro incontro mancato per la città.
Tentata memoria sarà ancora in scena domani 25 ottobre, ore 21, e domenica 27, ore 18, al Te.Co – Teatro di Contrabbando, via Diocleziano 316, Napoli – cell. 333 290 0488.
Stefania Nardone
(Ph. Gianfranco Irlanda)