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Va in scena al Tan “Grrrls” di Giovanni del Prete, il primo spettacolo italiano dedicato alle attiviste che lottano per i diritti delle donne.

 

Ph. Gianfranco Irlanda

Ph. Gianfranco Irlanda

“A Primma sette Femmena, prima fui donna” – con questa frase decisa, che sigla un passato irrecuperabile, apre la scena Francesca Iovine come una madonnina russa, profusa da vago chiarore, trasfigurante e lontana, memoria di epoche leggendarie che definiscono una cosmogonia al femminile. Ciò che coinvolge lo spettatore in questa prima apparizione oltre alla scenografia intelligente di Francesco Felaco è il linguaggio che Giovanni del Prete, autore e regista dello spettacolo, elabora per lei. Si tratta di un idioletto suggestivo e coinvolgente, napoletano “maccheronico” che conserva suoni arcaici, e che tiene sospeso lo spettatore per lungo tempo di fronte ad una situazione immobile governata solo dalla poesia delle parole.

La poesia di questo neo-idioma fluente e fatto di rime semplici e rotonde è stata, infatti, uno dei punti forti dello spettacolo, anche ad opera dell’attrice che ha avuto all’occorrenza l’abilità di scomparire in esso; decisamente Francesca Iovine è stata il secondo punto forte dello spettacolo e ovviamente l’efficace scenografia in movimento che seguiva o anticipava i suoi spostamenti ne ha costituito il terzo.

Domina in tutti sensi lo spettacolo Grrrls, questo linguaggio e la figura di donna con cui fa tutt’uno, figura presentata all’inizio come una divinità femminile, ma – attenzione! – non per rimandare all’antico matriarcato di matrice orientale ma a quello fondato sulla legge del padre, matriarcato patriarcale ( quello della chiesa?) sulla base del quale fino agli anni sessanta del novecento le donne hanno imposto e tramandato, nella famiglia e nelle nicchie sociali a loro rimaste, il mondo maschile.

Contro questa immagine femminile che è insieme Madre-e-Patria, che impone e ammutolisce, che educa e imprigiona, si muovono le tre giovani protagoniste Anna, Bianca e Nadia (interpretate rispettivamente dalle giovanissime Eleonora Fardella, Elisabetta Bevilacqua e Francesca Satolli) ispirate alle artiste del collettivo femminista russo incarcerate nel marzo 2012 per “teppismo e istigazione all’odio religioso”, secondo i termini della sentenza che ha valutato una vicenda in realtà difficilmente definibile in sede giuridica.

Ph. Gianfranco Irlanda

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Il 21 febbraio 2012, le tre donne (Maria AlyoKina, Yekaterina Samtsevich e Nadezhda Tolokonnikova) hanno proposto nella chiesa del Cristo Salvatore di Mosca, una performance con la quale chiedevano alla Vergine di liberare il paese dalla presenza del neo-ri-eletto Putin e tacciavano il patriarca Cirillo di connivenza con il potere politico. La vicenda accaduta nell’ambito delle manifestazioni di protesta che hanno seguito le voci di brogli elettorali alla rielezione del presidente, se da un lato sembra aver spaccato l’opinione pubblica russa, dall’altro ha visto piuttosto compatta la comunità internazionale nell’appoggiare le artiste e considerarne la condanna come “sproporzionata” e lesiva del diritto alla libertà di espressione.

L’autore è stato ispirato proprio dall’eco di questa vicenda perché secondo la sua visione, essa ha rappresentato di per sé il successo della loro azione di contestazione. Ha tradotto questa intuizione con il concetto di “rivoluzione trans-mediale”, ossia di una rivoluzione che avviene al di fuori di ogni mezzo ovvero attraversando ogni mezzo, un’azione trans-formatrice, un azione eminentemente culturale guidata dall’arte, di là da ogni azione concreta di rivolgimento politico. La trasformazione della realtà può avvenire, nell’epoca del virtuale, solo assumendo su di sé l’idea stessa della trasformazione, è questo ciò che il caso delle Pussy Riots (e forse anche delle Femen, femministe ucraine che hanno fatto dell’esibizione del corpo la propria arma) fa inferire all’autore, il quale a sua volta fa dire a Nadia, al termine di un confronto con le amiche su un più efficace modello di lotta politica, “Dobbiamo essere l’idea”. L’idea stessa della trasformazione.

Purtroppo però le giovani attrici non reggono adeguatamente il valore che assumono i personaggi nella concezione dell’autore, e le gag comiche in cui sono coinvolte le sviliscono ancora di più. Anche il regista forse viene un po’ meno rispetto al suo alter ego di dramaturg nel momento in cui dà valore solo verbale alla maternità di alcune delle protagoniste ancora una volta calcata sulle autobiografie reali. La maternità delle giovani femministe potrebbe invece costituire l’elemento decisivo della prova di forza con la Madre-e-Patria nella misura in cui le renderebbe genitrici di futuro, e perché direbbe di una peculiarità delle donne russe implicate in questa vicenda che le fa individui e insieme le allontana dai modelli delle giovani studentesse e attiviste del resto d’Europa, qualcosa che le renderebbe molto più vicine al personaggio di Antigone a cui pure Giovanni del Prete le ha accostate. Le giovani punk irridenti vengono incarcerate perché hanno violato un potere in nome della libertà dei loro figli e delle loro figlie, per amore del futuro, per una legge del cuore. Se l’intento era quello di creare un equilibrio tra le posizioni, un nodo drammatico difficile da sciogliere per lo spettatore, questo purtroppo non è avvenuto. La maternità poteva dare quel nodo, ma non è emersa da questi personaggi e forse non poteva farlo in ragione della giovane età delle attrici. Il risultato è che chi accattiva davvero il pubblico è la dura e sarcastica Madre-e-Patria e chi si fa veramente icona della trasformazione non sono le tre giovani donne ma la bella macchina scenografica. Va detto però che le potenzialità per migliorare lo spettacolo ci sono comunque tutte e sono intuibili nella drammaturgia.

Stefania Nardone

Tan

Teatro Area Nord

via Nuova Dietro La Vigna 20 (Piscinola) a Napoli.

Orario spettacoli: ore 20.30. Biglietto: 10,00 euro

www.liberascenaensemble.it

 

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