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In scena sino al 3 novembre al teatro Acacia, per la regia di Valerio Binasco, la commedia scritta da Schmitt: dialogo sui massimi sistemi tra uno stanco Freud e Dio.

 

ilvisitatore1Una sola parola d’ordine, credibilità, abbraccia complessivamente la messa in scena de Il Visitatore, al Teatro Acacia sino al 3 novembre, con protagonisti Alessandro Haber, Alessio Boni, Francesco Bonomo e Nicoletta Robello Bracciforti. Il senso di questa accezione si può leggere da differenti punti d’osservazione, visto che non si tratta unicamente della capacità interpretativa degli attori sul palco, ampiamente riconosciuta, oppure del valore di un testo come questo, possente, scritto da Eric Emmanuel Schmitt nel 1993. C’è qualcosa, nel valore drammaturgico de Il Visitatore, che prima nasce e prende forma nella mente dello spettatore come un anacronismo allo stato puro, per poi convincerlo successivamente del valore metastorico dell’opera. Valerio Binasco, il regista, nelle sue note afferma “Il Teatro per lungo tempo si è fatto ‘portavoce’ di silenzio e lo ha trasformato in poesia, grazie a grandi commedie classificate dell’incomunicabilità’. Autori come Schmitt, invece, sono andati fieramente in tutt’altra direzione. Hanno continuato coraggiosamente a testimoniare una cieca fiducia nelle parole e una specie di devozione per l’umana dote del dialogo”.

Proprio per questa attitudine al silenzio che il teatro ha trasmesso allo spettatore, in prima battuta Il Visitatore può dare di sé la distorta e desueta immagine di una pletora di dialoghi su temi di discussione complessi come Religione, Storia e Senso della vita. Ma è solo un’impressione.

il-visitatore-teatro-acacia-20131938, Vienna è invasa dai nazisti. Qualcuno si intrufola a casa di Freud, stanco, malato e costretto a dover prendere in considerazione l’idea di abbandonare la sua amata città, perché ebreo. Più di tutto, Freud è, probabilmente, un uomo meno sicuro di sé, delle convinzioni che l’hanno accompagnato per tutta la vita. Quello che sembra un semplice intruso diviene lo spunto per una conversazione sui massimi sistemi tra qualcuno che è Freud e qualcun altro, l’intruso appunto, che convince Freud di essere Dio. Il punto è questo: che lo sia o no porta l’interlocutore al dubbio, una frase che non è altro, se non una traduzione semplificata del concetto di fede. Ed è uno scontro verbale acceso, tenzone filosofica sotto forma di commedia capace di trascinare lo spettatore a sentirsi improvvisamente un supporter, prima persuaso da Freud a suffragare l’idea che Dio sia definitivamente l’ipotesi che nessuno sia stato mai in grado di confermare; poi ammaliato dalle parole di un Dio, o un pazzo che crede di esserlo, il quale permette l’esistenza del male perché ha voluto un uomo che non fosse suo suddito, un uomo che non dovesse inginocchiarsi ai suoi piedi, ma che fosse dotato della libertà di non farlo.

La Vienna del 1938, la totale oppressione del regime, conducono alla convinzione certa che Il Visitatore sia una magnifica pièce teatrale scritta a servizio del concetto di libertà, intesa in ogni sua possibile declinazione: di originare il male, di credere che il divino possa non esistere perché questo del male escluderebbe automaticamente l’esistenza. Infine la libertà di credere che essere liberi sia anche una responsabilità.  L’impagabile sensazione di uscire da teatro con meno convinzioni di quante si credesse di averne è merito del regista, Valerio Binasco, dotato del coraggio di immaginare e spogliare Sigmund Freud, a tratti, delle vesti del più grande pensatore del secolo scorso, dipingendolo come un povero vecchio malato, e nulla più. Inoltre va agli interpreti, senz’altro principalmente ad Haber e Boni, per aver assecondato a pieno tutte le curve emozionali di un testo che fa dei limiti invisibili e la commistione tra generi le proprie ragioni di vita.

Andrea Parrè

Teatro Acacia

Via Tarantino 10

tel 0815563999

Biglietti: 30 € poltrona, 24 € galleria

www.teatroacacia.com

 

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