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Paolo Coletta porta in scena il secondo racconto del libro di Anna Maria Ortese “Il mare non bagna Napoli” e le parole si fanno musica.

Foto Marco Ghidelli

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Un sogno, che nasce e muore nell’arco di un solo giorno. Una donna, Anastasia Finizio, che smette i panni di donna severa, altera, zitella, per riscoprire una fugace femminilità, grazie ad un ricordo che ritorna improvviso e inaspettato.
Interno familiare, tratto dal romanzo Il mare non bagna Napoli, secondo spettacolo del ciclo ospitato dal Mercadante e dedicato alla Ortese, e per l’occasione riscritto, musicato e diretto da Paolo Coletta, è la storia di una possibilità: quella di vedere la propria vita prendere una svolta, cambiare d’un tratto grazie ad un appiglio labile, forse esistente solo nella mente di chi a questa speranza si aggrappa, ma in grado di stravolgere pensieri e stai d’animo. Capace di far scorgere una breccia nella compostezza controllata e fredda di colei che finora ha lasciato all’età adulta la colpa di una rassegnazione grigia, abitudinaria, senza sorprese.
La possibilità di non essere più, a quasi 40 anni, espressione solo di una vita fatta di “responsabilità, contabilità, lavoro”, punto di riferimento e sostegno economico dell’intera famiglia, con il solo desiderio – appagato – di vestirsi bene, elegantemente (ma del resto «anche le statue in chiesa sono vestite, ed è vestita la gente nelle fotografie…»), ma, piuttosto, possibile destinataria di attenzioni, affetto, cura da parte di un uomo, un marinaio, Antonio. Conosciuto tempo addietro e ora ricomparso.
Più giovane di lei, Anastasia (interpretata da un’ottima Antonella Romano) lo ricorda in tutta la sua giovane bellezza – “non alto, ma solido come una colonnetta, coi capelli castani e la pelle scuri, e quei suoi occhi tristi, di uomo, e la bocca dai fitti denti, bianca nel sorriso” – e ciò basta per farla viaggiare con la fantasia e immaginare una propria casa, lei intenta ad accudire il suo uomo, nessuna più responsabilità lavorativa da assumersi.
Ma Anastasia non è sola nel vivere e gestire tale turbinio di sentimenti: «quattro donne famigliari – così come spiega il regista nelle sue note – la accompagnano, la pungolano, la giudicano, la compatiscono in una specie di accerchiamento agito ora con l’arma della persuasione, ora con quella inconsapevole del semplice fatto di esisterle accanto». Se, infatti da un lato l’amica e cognata Dora (Ivana Maione), colei che la informa del ritorno di Antonio, la sostiene e sprona al matrimonio, dall’altro la madre (Monica Assante di Tatisso), temendo i risvolti negativi che un eventuale accasamento della figlia potrebbe determinare per le sorti economiche di tutti loro, è con malizia che le insinua dubbi e perplessità, non mancando di giudicarla sgradevolmente, nel silenzio dei suoi pensieri, ed invidiarla. Di implicita natura, invece, il condizionamento che Anastasia subisce da parte della sorella minore Anna (Daniela Fiorentino), innamorata e destinata alla felicità per il solo fatto di essere ancora giovane e dai bei lineamenti, e dalla zia Nana (Peppa Talamo), mai sposatasi, ormai anziana e rimasta ancora al mito della gioventù, quella da lei mai realmente vissuta e ora divenuta il suo rimpianto, così come il suo costante intercalare dimostra.

Foto Marco Ghidelli

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Paolo Coletta, nel riadattare il testo, sceglie la cifra del teatro musicale, trasformando le protagoniste in cantanti-attrici, enfatizzando l’aspetto femminile del racconto (non sono presenti in scena, infatti, le figure maschili, che restano solo nominate nei dialoghi), dando centralità alla figura di Anastasia, perno della storia, scegliendo di porla al centro della scena, su di un piedistallo, e così ancora più sottolineando la sua alterità già ben resa dalla figura alta e sottile della Romano.
Ridotto al minimo ogni elemento scenico, così come la scenografia che si veste di luce grazie al disegno di Gigi Saccomandi, è dunque alla musica affidato sapientemente il compito di rendere l’atmosfera propria del racconto (all’interno del quale non mancano tratteggi della città, dei suoi vicoli, dei suoi suoni, così come dell’appartamento in cui vive la famiglia Finizio, e nella messinscena solo evocati), lasciando che nella trasposizione teatrale sia la sola parola – recitata e cantata – a delineare con efficacia espressiva la storia e i suoi aspetti psicologici.

Ileana Bonadies

Prossimi spettacoli della rassegna:

dal 12 al 17 novembre
Oro a Forcella
regia di Alessandra Cutolo

dal 26 novembre al 1 dicembre
La città involontaria
regia di Antonella Monetti

dal 9 al 12 dicembre
Il silenzio della ragione (per leggere la recensione clicca qui)
regia di Linda Dalisi

 

Ridotto del Mercadante
Piazza Municipio –  Napoli
Biglietteria [+39] 081 551 33 96
biglietteria@teatrostabilenapoli.it
www.teatrostabilenapoli.it

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