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In scena fino a domenica 17 alla sala Assoli lo speciale riallestimento a cura di Salvatore Cantalupo di “Titanic The end”, in memoria del suo maestro.

DSCF0375Titanic The End, ideazione e regia di Antonio Neiwiller, in una visione di Salvatore Cantalupo: si legge così sulla locandina dello spettacolo dedicato all’autore e regista napoletano in scena a Sala Assoli fino al 17 novembre. E in effetti di un susseguirsi di «immagini e suggestioni», come spiega Cantalupo, si tratta. Nessuna trama specifica, nessun racconto lineare quello che si dipana agli occhi dello spettatore: il linguaggio della parola comunemente inteso è assente, al suo posto prendono forma altri codici comunicativi che afferiscono al corpo che diventa voce, al movimento che diventa danza, alla luce che diventa ombra. In scena sette bravi attori, cinque donne (Amelia Longobardi, Ambra Marcozzi, Claudia Sacco, Sonia Totaro, Chiara Vitiello) e due uomini (Carmine Ferrara e Massimo Finelli), e una figura al contempo estranea e interna alla messinscena (Salvatore Cantalupo), una sorta di demiurgo creativo che influenza e determina la sequenzialità delle azioni, le osserva, le tratteggia definendone i contorni evanescenti.

Titanic The End fu rappresentato la prima volta nel 1984 al Teatro Nuovo, dopo un laboratorio teatrale, condotto dallo stesso Neiwiller, lungo nove mesi, così come la concezione di teatro intesa dal poliedrico artista voleva per assimilare in pieno, sulla pelle di ciascun attore coinvolto, il concetto di lavoro e tempo legato alla preparazione di uno spettacolo («Oltre il falso linguaggio dei media, bisogna attraversare se stessi, andare fino in fondo alle cose», diceva. «A questo complesso lavoro io dò il nome di laboratorio. Questo per me è necessario»).

DSCF0084Tra i protagonisti di quell’allestimento lo stesso Cantalupo, allievo di Neiwiller, che oggi, in occasione del ventennale della sua precoce scomparsa, ripercorre con intenso lirismo le tracce del suo maestro, per lasciarne di nuove, compiendo, seppure questa volta non più da allievo, lo stesso percorso laboratoriale che lo vide coinvolto trenta anni fa e apportando nuovi sguardi alla struttura originaria, che resta però complessivamente inalterata, così come egli stesso racconta.

Del resto, attuale, quasi come non scalfito dal tempo che intanto è trascorso, appare il pretesto che servì allora a Neiwiller per raccontare un disagio: la fine del Titanic –  la più alta espressione del progresso dell’epoca – quale specchio nel quale si riflette la fine di ideali, virtù, certezze, consapevolezze. Ovvero, quella fine di mondi raccontata e testimoniata con lungimiranza da colui che fu tra i più interessanti protagonisti e artefici del teatro di ricerca e d’innovazione, tra gli anni Settanta e i Novanta : «Trent’anni fa  – ricorda Cantalupo – ci spiegava i motivi veri per cui a Beirut cadevano bombe su donne e bambini, ci raccontava come le ideologie nel tempo sarebbero cadute ad una ad una e come l’unica speranza sarebbe stata raggiungere il fondo perché solo a quel punto ci saremmo rimboccati le maniche e avremmo ricominciato a costruire». Oggi quel fondo è stato verosimilmente toccato e da qui «il desiderio di risalire su quella nave, emblematica rappresentazione di una società in via di disgregazione, e di rivivere quelle emozioni, quei suoni, quegli odori».

DSCF0414Fortemente ispirato dalla visione de La classe morta di Kantor, nella cui poetica Neiwiller ravvide aspetti a lui comuni come la necessità di raccontare la precarietà dell’esistenza e il senso di irrequietezza che essa determina, Titanic The End è una somma di gesti, suoni, evocazioni, oggetti, alla quale il pubblico è chiamato a conferire non una interpretazione razionale, ma emotiva, che attinga dalla sensibilità di ciascuno per attribuire un significato a ciò che vede: malinconiche maschere clownesche in azione, tra delirio e poesia, silenzio e movimento, alla cui visione bisogna abbandonarsi senza ulteriori appigli e informazioni, lasciandosi trasportare dagli incanti del non detto. Dell’immaginato al di là del velo che, alzatosi tra pubblico e attori, nella suggestiva ed emozionante scena finale, sulle note del sassofonista Archie Shepp, trasforma uomini e cose in riflessi.
In ciò che sembrama potrebbe non essere. In un vortice di incomunicabile bellezza che trova in ciò la sua forza e geniale vitalità.

Ileana Bonadies
(Foto Cesare Abbate)

 

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Sala Assoli
Traversa  via Montecalvario, Napoli
Inizio delle rappresentazioni ore 20.30 (feriali) e ore 18.00 (domenica)
Info e prenotazioni al numero 081 195 639 43  – email botteghino@associazioneassoli.it
Altre date: dal 21 novembre, al Teatro Antonio Ghirelli di Salerno, e, dal 29 novembre, al Civico 14 di Caserta

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