La tragedia dell’ira
Al teatro Nuovo di Napoli, la Medea di Seneca rivive attraverso Maria Paiato diretta da Sepe.
Quella in scena, fino al 1 dicembre, al teatro Nuovo è una Medea moderna. E moderna risulta l’idea registica dell’allestimento. Pierpaolo Sepe, infatti, mette in scena una versione molto attuale della tragedia di Seneca che l’adattamento di Francesca Manieri, pur conservando la quasi totalità del testo originale, tramite significative contaminazioni, riesce a ben rendere riportandoci ad una visione quanto mai vicina ai giorni nostri
Il superbo allestimento scenografico di Francesco Ghisu, ci trasporta in una fabbrica abbandonata, alcova di un capitalismo oramai in decadenza. Simbolo visivo di tale capitalismo è l’enorme stemma americano centrale, in rovina, che sembra quasi precipitato sulla scena.
È in quest’ambientazione che i personaggi iniziano a delinearsi: Creonte (Orlando Cinque) è simbolo del capitalismo occidentale che, seppur quasi impotente, ancora cerca di allungare i suoi tentacoli sul mondo; Medea (Maria Paiato) è il nemico dell’Occidente, un nemico non privo di colpe ma strumentalizzato dai media, e che trova la sua unica reazione in un’estrema violenza che, solo in parte, gli dà appagamento. Giasone (Max Malatesta), invece, incarna l’emblema esplicito dell’opportunismo, imperante nel Paese, la cui bandiera sventola sempre verso il cielo del più potente (ognuno identifichi, in tale figura, il Paese che ritiene più opportuno: chi scrive si permette, con un po’ di malizia, di vederci il proprio).
Funge da raccordo tra la storia originale e la moderna “visione” di Sepe, il coro (Diego Sepe) che accompagna gli spettatori lungo i due piani di rappresentazione, esplicitando i collegamenti tra la vicenda raccontata dal filosofo e drammaturgo romano e la parallela concezione allegorica della messa in scena. Sul palcoscenico, oltre agli attori già nominati, Giulia Galiani nei panni della nutrice che sembra anche essere simbolo dell’anima di Medea: una esteriorizzazione della sua interiorità.
La scelta di partire dalla Medea di Seneca, anziché da quella di Euripide, è senza dubbio da ricercare nella scrittura più forte di Seneca che mette al centro della vicenda la rabbia e il desiderio di vendetta: sentimenti, quest’ultimi, che diventano strumento univoco per reagire alla sofferenza. Ed ecco dunque che Medea, che rivive in una intensa e riuscitissima interpretazione della Paiato, diventa una furia esplosiva che si placa solo a vendetta avvenuta; una vendetta che è mossa da paura, disagio, disorientamento culturale, e che, come sottolineato, non la porta verso un reale appagamento ma solo verso una diversa consapevolezza. Tale furia, che trova una palese chiarificazione nel riferimento finale alla “torre che brucia”, risalta come perfetta metafora della violenta ma, in fin dei conti, “sterile” reazione del mondo orientale che “sacrifica” inutilmente i suoi figli cercando di schiacciare lo strapotere occidentale.
La Medea di Sepe è, senza dubbio alcuno, uno spettacolo da non perdere, sia per la minuziosa e attenta regia che per le interpretazioni degli attori da giudicare assolutamente riuscite.
Gennaro Monforte
Teatro Nuovo
Via Montecalvario 16, Napoli
Tel. 081 497 62 67
Orario: feriali ore 21 – domenica ore 18:30