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Al Tin, Koltès parla a se stesso e agli uomini della ricerca di un sogno, nonostante la pioggia. 

Foto Tiziana Mastropasqua

Foto Tiziana Mastropasqua

Dal 21 al 24 novembre è stato in scena, al Teatro Instabile di Napoli, Ai margini della foresta, per la regia di Tiziana Mastropasqua, che ha visto come protagonista Carlo Verre.
La messa in scena trae origine dal testo La notte poco prima della foresta di B. M. Koltès, drammaturgo e regista francese della seconda metà del Novecento, attento alle tematiche della protesta, dell’omosessualità, dell’emarginazione, della solitudine.
Nel monologo-dialogo, portato avanti con enfasi e lirismo dall’unico e indiscusso protagonista Carlo Verre, sono sviscerati tutti i temi cari allo scrittore francese.
In una foresta-camera d’albergo circondata da specchi, che implacabilmente costringono l’uomo a vedere la sua immagine riflessa, anche quando non vorrebbe, si consuma il dramma del racconto delle varie vicende umane dei personaggi incontrati dallo stesso. In una sorta di collage di storie, alla disperata ricerca di un compagno/a, l’uomo racconta del suo incontro in strada con dei ragazzini che lo hanno malmenato, della prostituta incontrata per caso, alla quale, uscita di senno, avevano consigliato di mangiare del terreno per ritrovare il filo della ragione e che è morta in un cimitero cibandosi di terra, della sua personale guerra psicofisica in una foresta, luogo della mente, in cui ogni uomo muore se si muove, e resta in vita se invece è immobile e imperturbabile agli eventi strani e ingiusti che si susseguono nella società, a sottolineare la condizione d’impotenza in cui l’umanità sopravvive.
La necessità e il bisogno quasi fisico di relazionarsi con l’Altro è prepotente. L’attore cerca l’orecchio e l’occhio dello spettatore, a cui affida il suo racconto di estraneità, di emarginazione violenta, di amore. Per proteggersi e per difendersi egli concepisce l’idea di fondare un utopistico sindacato internazionale che possa riunire sotto la sua bandiera i più deboli, dando loro forza in questo progetto collettivo.

Foto Tiziana Mastropasqua

Foto Tiziana Mastropasqua

Ad una prima lettura sembra che lo spettacolo voglia far riflettere sul rapporto potere-uomo, potere-sesso, potere concepito anche come cure premurose di una madre, che però limita e autolimita il figlio trasformandosi in matrigna, a cui si lega inevitabilmente la reazione di ribellione e di protesta. La vera reazione però è l’amore, la speranza di un amore che possa salvare l’essere umano dalla sua condizione naturale d’isolamento. Mama, la ragazza amata solo per una notte su un ponte e che lo ha abbandonato, diventa nel finale la sua speranza di salvezza mentre tutt’intorno piove. Una pioggia battente, un temporale che dà luce alla prima scena e con cui si conclude lo spettacolo: la pioggia, condizione emozionale dell’uomo, che però lava via le brutture dell’umanità e disseta la terra, rendendola fertile.
Le scene e il disegno luci, rispettivamente di Tiziana Mastropasqua e Mario Autore, hanno aiutato molto la resa dello spettacolo, a cui a tratti si è faticato a star dietro per il testo, nato per il teatro, ma quasi spiccatamente letterario ed introspettivo. Proprio per questa sua natura, però, le parole di Koltès lasciano nel pubblico la voglia di una ricerca che accomuna tutti gli uomini: la ricerca inesaurita del sogno.

Antonella D’Arco

 

Teatro Instabile Napoli
Via Fico Purgatorio ad Arco, 38 Napoli
Tel: 338 473 12 71

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