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Debutto nazionale al Teatro Mercadante di Napoli per l’ultimo lavoro di Emma Dante, “Le sorelle Macaluso”, facente parte del progetto europeo “Città in Scena – Cities on Stage” avviato dal Teatro Nazionale di Bruxelles.

Foto Carmine Maringola

Foto Carmine Maringola

Intenso quanto un respiro profondo per ingurgitare più aria possibile.
Palpitante come un corpo flessuoso, esile, che si muove a passo di danza nel buio.
Profondo come il dolore di una perdita eterna che separa e lacera, cuore e pensieri.
Emma Dante dirige con forza e grazia insieme il testo da lei stessa scritto, Le sorelle Macaluso, e nel farlo intreccia vita e morte, ricordi e realtà, presente e passato, non tracciando mai una linea netta, ma lasciando che i piani si fondano e confondano in un unico, corale racconto.
Presentato in prima nazionale, ieri, al Teatro Mercadante di Napoli (dove sarà in scena fino al 26 gennaio), lo spettacolo narra la storia di sette donne siciliane tra loro sorelle e della loro famiglia: desideri, dolori, memorie di un tempo felice legato all’infanzia si alternano e animano attraverso le loro voci e i loro corpi, ora chiassose e allegre, ora rigidi e piegati dalla pena.
Il tempo in cui tutti i personaggi si muovono e convivono è dilatato e ristretto al contempo, così come la vita personale di ciascuno di loro (le sette sorelle appunto, il padre, la madre e il figlio di una di loro) che conosciamo attraverso solo dei segni o degli avvenimenti eppure abbracciano un arco di tempo più ampio: quello che da bambine, allegre e ignare della povertà che le circondava, così come dei sacrifici e delle umiliazioni a cui era costretto il padre pur di lavorare, le ha fatte divenire adulte, madri e consapevoli.
A ben rendere il passaggio dall’una all’altra fase della loro esistenza, il colore degli abiti (a cura della stessa Dante): prima sgargianti e colorati quando ad essere ricordata dalle donne è la loro prima giornata al mare, e dunque la trepidazione che aveva accompagnato ogni fase della preparazione in attesa dell’indomani, poi neri, a lutto, quando ad insinuarsi è, a partire proprio da quel fatidico giorno, la morte, improvvisa, tragica e fatale, che le colpisce da vicino, negli affetti più prossimi, istigando reciproche accuse  di colpevolezza e responsabilità.
Sempre in movimento, in marcia («Come uno stormo di uccelli sospesi tra la terra e il cielo», si legge nelle note di regia), in bilico su una scena, scarna, divisa tra luce e oscurità, le otto attrici e i due attori (meravigliosamente interpretati da Serena Barone, Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Italia Carroccio, Davide Celona, Marcella Colaianni, Alessandra Fazzino, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier) avanzano e si ritraggono; si fermano, ricordano e infine danzano; vivono e poi muoiono. Ma morti e vivi non si staccano mai del tutto ed eccoceli allora stare difronte, insieme, ascoltarli parlare e dialogare come se loro – i morti – non fossero mai andati via, mentre i vivi sembra proprio che non siano più in grado di essere tali dopo la perdita subita.

Foto Carmine Maringola

Foto Carmine Maringola

Poetica e struggente la scena centrale dell’abbraccio che si fa unione tra marito e moglie, entrambi ormai estinti, così come lo sono il nipote che sognava di diventare un nuovo Maradona e la figlia rimasta per sempre in quel mare in cui aveva tanto desiderato bagnarsi quando aveva poco più di dieci anni, che dal fondo lentamente compaiono, portando con sé quella luminosità sottratta a chi è rimasto, espressione di un sogno e di un futuro che in vita non si è potuto realizzare e che ora invece, in questa nuova dimensione, è realtà.
Corpi messi a nudo, che si muovono, riempiono lo spazio e combattono «alla maniera dei pupi siciliani, con spade e scudi in mano», ed è lasciato unicamente a questi oggetti e alla lingua, o meglio al dialetto, il compito di ricondurre alla identità delle origini, di trovare una collocazione geografica a storie, e sentimenti, ed emozioni che sono di tutti e a tutti possono parlare. Rumoroso il silenzio che avvolge i passaggi più incisivi della messinscena, vuoto lo spazio scenico costruitogli intorno a valorizzare ed amplificare quella che è una cifra ricorrente nei lavori di Emma Dante, ma che qui, forse, più che negli altri lavori che hanno preceduto questo atto unico, si palesa con forza accentuando l’ispirazione alla ritmicità e ripetitività propria del teatro danza di Pina Bausch.
La danza, il movimento, il disegno dei corpi nello spazio, dunque, sono le direttrici attraverso cui il racconto si dipana, snoda e riannoda, affidando ad una essenzialità profonda ed evocativa il compito di comunicare, con efficacia espressiva, evanescenti stati d’animo, e raccontare mondi interiori che sanno di arcaico, sofferenza, miseria; e con la leggiadria di una coreografia che ha la consistenza di un soffio, proiezione di un nuovo sogno che finalmente si realizzerà, si chiude, ritornando alla scena iniziale, come in un naturale ciclo vitale, il lavoro.
Meritatissimi applausi.

Ileana Bonadies

 

Teatro Mercadante
piazza Municipio 1, Napoli
tel. 081 552 4214
www.teatrostabilenapoli.it/

 

Tournée
Roma, Palladium, 29 gennaio – 9 febbraio 2014
Reggio Emilia, Teatro Ariosto, 11 – 12 febbraio 2014
Fano, Teatro della Fortuna 13 febbraio 2014
Palermo, Teatro Biondo 25 febbraio – 2 marzo 2014
Torino, Fonderie Teatrali Limone 29 aprile – 4 maggio 2014
Milano, Piccolo Teatro Grassi 6 – 18 maggio 2014

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